mercoledì 20 maggio 2015

LA PELLE CHE ABITO



La pelle che abito è un film del 2011 diretto dal regista Pedro Almodóvar, basato sul romanzo "Tarantola" di Thierry Jonquet.
La storia è incentatrata sulla vita del chirurgo Robert Ledgard, il quale vive nella sua lussuosa casa in compagnia di Vera, una bellissima ragazza per la quale sembra avere una vera e propria ossessione, tenendola rinchiusa in una stanza, vestita solo di un body color carne e osservandola tramite delle telecamere; inoltre sperimenta su di lei un prototipo di pelle, ottenuta con un processo di transgenesi segreto ed illegale, trattandola come una vera e propria cavia da laboratorio. Anche la ragazza sembra però avere dei comportamenti strani, strappa i vestiti che le vengono dati e utilizza i cosmetici non per truccarsi ma per riempire le pareti della stanza di scritte e singolari disegni. Tutto appare ambiguo e incomprensibile, ma con lo scorrere dei minuti si comprende che la storia di Robert e Vera è segnata da un passato oscuro, fatto di morti violente, sofferenza e vendetta.
Almodóvar trae ispirazione ad un racconto cupo, in cui può sembrare che nessuno dei protagonisti sia innocente e buono, ma attraverso varie scene cerca  di dare voce a differenti forme di sofferenza psicologica, dall'abuso di sostanze stupefacenti, alla violenza sessuale, fino alla psicopatia.
Ma analizziamo passo per passo i diversi temi chiave di questo film:

IL TRAUMA: sono tutti quegli eventi che hanno un tale carico emotivo da irrompere nella vita delle persone e cambiarne il corso. Nel film appare emblematico il suicidio della moglie di Robert, la quale, dopo essere sopravvissuta ad un incendio, vedendo la sua immagine per la prima volta riflessa nel vetro di una finestra, impazzisce e si suicida gettandosi nel vuoto, proprio sotto gli occhi di sua figlia. Questo episodio mostra anche come un trauma, il suicido della donna, possa generarne uno nuovo, in questa caso infatti la figlia sviluperà una tale sofferenza psicologica che, a seguito di altri eventi traumatici, la condurrà al suicidio, ripetendo esattamente la morte della madre.

LA VIOLENZA: predomina incontrastata nell'intero film, funge da "colonna sonora" che invade l'animo umano di ogni songolo personaggio. Una violenza a catena in un continuo ribaltamento di ruoli vittima-carnefice; come la violenza sessuale che Zeca, fratellastro di Robert, esercita su Vera,la donna tenuta prigioniera dal chirurgo; l'omicidio dello stesso Zeca per mano del fratellastro; lo stupro di cui è vittima Norma, la figlia di Robert, da parte di Vincent, ed infine la  forte violenza psicologica e fisica che Vincent/Vera subisce dallo stesso Robert attraverso continue sperimentazioni e trasformazioni chirurgiche inflitte al suo corpo.

LA FOBIA SOCIALE: viene portata in scena dalla figlia di Robert, Norma, la quale sviluppa tale patologia dopo la morte della madre. La ragazza mostra infatti un forte stato ansioso nel quale il contatto con gli altri le provoca una paura intensa e pervasiva. La situazione di Norma precipiterà in seguito ad altri eventi traumatici, fino a sviluppare una forte repulsione per suo padre, identificandolo come il suo aggressore.

LA TOSSICODIPENDENZA: nel film viene presentata attraverso la vita di Vincent, un ragazzo che fa uso abitudinario di ecstasy, e che proprio sotto l'effetto di tale sostanza tenterà di violentare Norma.

LA PSICOSI: incarnata perfettamente dalla fiugra di Robert, un personaggio colmo di vendetta, odio e sofferenza, che sembra ritrovare "pace" solo attraverso l’utilizzo dell’altro come strumento per soddisfare i propri bisogni. Robert, senza nessuno scrupolo ed etica, trasforma Vera/Vincent in un "oggetto-manichino" guidato da un insaziabile sete di giustizia privata. L’essenza della sua perversione è proprio quello di spogliare la persona che ha di fronte di ogni emozione e pensiero, annientando la sua umanità.

LA DISFORIA DI GENERE: in questo caso presentata paradossalmete all'opposto, ovvero il regista espone tale tematica attraverso la storia di Vera/Vincent, una persona perfettamente a suo agio con il proprio corpo d'origine, ma che sarà costratta ad "abitare" una pelle non sua.

LA BIOETICA: aspetto essenziale è appunto la contrapposizione tra il progresso scientifico e tecnologico a cui corrisponde un decadimento dell'animo umano, indifferente alla dignità umana e ai limiti della follia.

LA FIGURA MATERNA: una figura chiave del film, che viene presentata dal regista attraverso due tipi differenti di maternità. Il primo tipo attraverso la figura di Marilia, madre sia di Zeca che di Robert, ma che i due ne ignorano il fatto. Marilia è un tipo di "madre-complice", che appare inerme di fronte alla sofferenza e alla follia dei suoi figli, e non può fare altro che assecondarli.
Il secondo tipo di maternità viene invece incarnato dalla madre di Vincent, una donna premurosa, che non smette di cercare il figlio scomparso, una madre che non smette di sperare e che è pronta ad accogliere suo figlio quando farà ritorno.

Qui sono state descritte solo alcune delle tematiche presenti nel film, ma potrebbero emergere ulteriori interpretazioni. Ciò che sicuramente si impone all'attenzione dello spettatore è il fatto che tutti i personaggi siano stati costruiti per interpretare la parte dell'antieroe, alla fine del film ci si chiede "ma qualcuno o qualcosa di buono c'è?".
Forse l'aspetto più crudo e sorprendente di questa storia è proprio il fatto che non c'è un buono e un cattivo con cui identificarsi, ma semplicemente l'uomo, con tutte le sue contraddizioni, le brutture e le sofferenze, un uomo che a volte può allontanarsi da ciò che più lo rende umano, ma che sa anche amare, sopravvivere al dolore, far ritorno a casa e riprendere in mano la propria vita.

Dott.ssa Valentina D'Alessio 

Laureata in Psicologia all'Università Chieti-Pescara e tirocinante presso la Obiettivo Famiglia Onlus

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