Uno
dei problemi maggiori nella cura delle condizioni degenerative che tendono a
colpire molte persone anziane è la necessità di controllare alcuni
comportamenti rischiosi per un paziente o per chi vive accanto ad esso.
Insieme
a tale bisogno si osserva sempre più spesso la scelta di ricorrere ad utili
terapie di supporto volte a ridurre il ricorso costante a massicce dosi di
farmaci che possono risultare dannose e che possono determinare una bassa o
inesistente qualità della vita, paragonabile talvolta ad una pura sopravvivenza
in uno stato vegetativo.
La
terapia farmacologica infatti, pur essendo necessaria, determina molti effetti
collaterali che in alcuni casi appesantiscono una condizione fisica generale
già difficile o compromessa da altre patologie organiche.
Per
tali ragioni occorre perfezionare delle strategie che aiutino a ridurre il
ricorso continuo a crescenti sedazioni e che possano contestualmente stimolare
le abilità affettive e cognitive residue che rappresentano i pilastri che
sostengono il controllo dei comportamenti patologici tipici degli stati di
demenza senile.
La
"terapia della bambola" è un metodo che si è rivelato particolarmente
utile per il raggiungimento di questo scopo e che si colloca, per tale motivo,
tra le terapie complementari che si dimostrano più utili per la stabilizzazione
dei dosaggi farmacologici in presenza di patologie della terza età con
sintomatologia affettivo-comportamentale.
Distrazione, compensazione
affettiva e reiterazione
La
terapia che adotta l'uso delle bambole, chiamata anche "Doll Therapy"
o “Empathy Doll” ha origine con il contributo della terapeuta Britt-Marie
Egedius-Jakobsson in Svezia, in un paese specializzato nella produzione di
questi oggetti da gioco o da abbellimento domestico. Essa consiste nel ricorso
all'oggetto bambola, che riveste gradualmente un significato simbolico in grado
di aiutare a migliorare il benessere delle persone con problematiche che
compaiono generalmente in età avanzata, quali le demenze senili, come
l'Alzheimer ed alcune patologie psichiatriche gravi caratterizzate da disturbi
del comportamento.
Le
sue azioni possono realizzarsi sia a livello preventivo che di cura, attraverso
il supporto alla salute che può derivare da alcuni benefici dell’intervento
organizzato sistematicamente e professionalmente, quali:
•
la modulazione di stati d’ansia e di agitazione e delle loro manifestazioni
sintomatiche come aggressività, insonnia, apatia o wandering;
•
la conseguente possibilità di ridurre sensibilmente il ricorso ai sedativi;
•
la riduzione di condizioni di apatia e depressione caratterizzata da
disinteresse ed inattività totale;
•
la capacità di rispondere ai bisogni emotivi-affettivi che, malgrado il
deterioramento cognitivo, rimangono presenti ma non sono più soddisfatti come
in età precedenti;
•
la possibilità di ostacolare il deterioramento di alcuni abilità cognitive e di
sostenere l'utilizzo di prassi motorie che fungono da stimolo delle abilità
residue.
A
partire dall'osservazione delle potenzialità di questa terapia, essa può essere
considerata un metodo integrativo, piuttosto che alternativo, ma anche uno
strumento di riabilitazione in grado di aiutare a ridurre e compensare le
compromissioni funzionali degenerative.
Il
ricorso ad una bambola, in persone in cui le capacità di memoria, logiche e
verbali si sono ridotte e che a causa di una patologia non riescono più ad
intrattenere relazioni stabili ed equilibrate, consente di attivare delle
modalità di relazione pre-verbali e non verbali che permettono di canalizzare
le energie mentali su un'attività che riveste al contempo un ruolo di
distrazione ed uno, ancora più importante, di stimolo rappresentando un
contesto per manifestare emozioni e pensieri che altrimenti tenderebbero ad
affollare in modo confuso il mondo interno del paziente.
La
Doll Therapy, perciò, riesce a dirigere l'attenzione di una persona affetta da
demenza o da patologie con compromissioni simili verso un compito semplice,
come quello di accudimento di una bambola, evitando la congestione del pensiero
dovuta alla concentrazione su idee e stati affettivi che, non avendo un filo di
unione, generano stati di confusione e di disagio che vengono manifestati
spesso con disordini del comportamento.
Questo
approccio di cura, inoltre, consente di creare un contesto per rispondere ad
alcuni bisogni universali privi di limiti di età, quali quello di sentirsi
utili e capaci di svolgere ancora delle attività quotidiane, di dare affetto e
di prendersi cura di qualcuno, ma anche di esprimere emozioni primordiali e
naturali.
La
possibilità di riconoscere la bambola per quello che è realmente è presente
solo in alcuni casi; in altri è possibile che il deterioramento cognitivo non
consenta il rapporto consapevole con l’oggetto reale. In entrambe le
condizioni, tuttavia, il rapporto importante a livello terapeutico è quello che
viene a determinarsi con un oggetto immaginario che diviene simbolico grazie al
processo attraverso cui la bambola viene investita con i propri ricordi e con
le emozioni fissate nella memoria remota e che attraverso l’oggetto simbolico
possono essere attualizzate ed esternalizzate.
Infine,
tra i benefici che si osservano una volta avviato un rapporto con la bambola,
vi sono anche le sollecitazioni quotidiane della memoria procedurale che viene
chiamata in causa nell’esecuzione di alcuni gesti di cura come la vestizione,
il cambio di abiti o ancora attraverso le azioni del cullare o dell’alimentare.
Il
ruolo simbolico attribuito alla bambola e l’affettività proiettata su di essa
sono evidenziate dall’agitazione emotiva che subentra quando si allontana la
bambola o la si sostituisce con un oggetto con caratteristiche rievocative
diverse, come ad esempio una scatola.
La
terapia della bambola va considerata una cura centrata sulla persona che
consente di sostenere il rispetto di alcuni principi morali fondamentali nella
cura dell’anziano.
Essa
incoraggia infatti:
•
la ricerca di una massimizzazione del controllo personale che ha luogo
attraverso la stimolazione delle possibilità residue di cura autonoma di sé;
•
l’esercizio delle scelte, estremamente ridotte nella quotidianità dell’anziano
ammalato, che divengono possibili nel corso dell’interazione con la bambola che
rappresenta un contesto in cui è possibile lasciar decidere senza il rischio di
conseguenze negative;
•
il rispetto della dignità umana che si evidenzia nell’attenzione che questa
cura rivolge all’autostima e alla possibilità di vivere piccole e semplici
esperienze in cui è possibile ancora sentirsi capaci;
•
il rispetto del senso di continuità dell’esistenza che viene attuato attraverso
la sperimentazione emozionale di condizioni positive del passato che trascende
la possibilità di recuperare i ricordi episodici;
•
la promozione dell’equità che viene applicata attraverso il riconoscimento non
discriminatorio dei bisogni affettivi in ogni età della vita.
Aspetti metodologici
Esistono
tre principali modi attraverso cui può essere applicata la terapia della
bambola, considerando che spesso essa si colloca all’interno di case di riposo
o di accoglienza per anziani, ma che può essere attuata anche attraverso
interventi individuali.
Nei
contesti di attuazione in gruppo o a domicilio si preferisce procedere
costituendo un luogo unico, una sorta di nursery, in cui i destinatari della
cura possono andare e scegliere una delle bambole con cui interagire.
In
strutture che ospitano gruppi omogenei si può procedere facilmente anche con un
approccio in cui le bambole vengono distribuire nelle varie stanze della casa e
gli ospiti della struttura possono in tal modo trovare più stimoli intorno a
loro, una scelta che può risultare utile soprattutto una volta avviato
l’intervento per garantire la stimolazione continua.
In
casi in cui siano presenti singoli pazienti con problematiche comportamentali
che vivono all’interno di strutture complesse di cura o al proprio domicilio
familiare, si può procedere anche attraverso l’attribuzione di una bambola per
destinatario della terapia, ponendo generalmente l’oggetto accanto al letto
della persona o sul suo comodino.
La
somministrazione iniziale della bambola generalmente è diretta da un esperto
che guida il percorso riabilitativo in alcuni momenti specifici della giornata,
valutando i progressi e stimolando la costruzione del rapporto simbolico anche
attraverso il coinvolgimento della famiglia o dell’équipe. Tuttavia, la bambola
può essere riproposta in tutti quei momenti in cui i destinatari appaiono
irrequieti o apatici; ciò spesso avviene utilmente in momenti cruciali della
giornata quali quello dell’igiene e della vestizione, durante i quali alcuni
pazienti mostrano un picco di aggressività o di rifiuto dell’intervento
assistenziale.
Le
bambole terapeutiche originali, denominate Joyk, possiedono caratteristiche
particolari che potrebbero non farle apparire come le bambole più belle in
vendita, ma che le rendono maggiormente in grado di suscitare emozioni e che
per questo vengono definite anche “bambole empatiche”. In particolare, una
bambola adottata in un programma terapeutico di “empathy doll”, dovrebbe
possedere alcune caratteristiche importanti, quali:
•
un peso né troppo leggero né eccessivo distribuito in modo equo lungo tutto il
corpo;
•
le braccia morbide e non troppo floscie ed una postura delle gambe lievemente
rannicchiata ma non fetale, tale da rendere facile l’abbraccio;
•
una dimensione simile a quella di un neonato;
•
tratti somatici che ricordano quelli di un bambino.
Sono
pertanto poco indicate le bambole di pezza e le bambole da collezione. Inoltre,
nelle versioni più attuali sono stati aggiunti spesso dei taschini in cui
vengono riposti sacchetti da aromaterapia che possono contenere essenze
calmanti o anche dei dispositivi che riproducono il battito cardiaco e che per
questo aumentano l’impressione di interazione reale, producendo una
sincronizzazione sensoriale che tende ad equilibrare il ritmo
cardio-circolatorio.
Nel
corso della Doll Therapy, l’interazione paziente-bambola può attraversare
diversi stadi, in rapporto anche alla disponibilità a riconoscere alla bambola
un ruolo simbolico affettivo che rimanda alle relazioni infantili oppure a
quelle materne.
Sono
state indicate tre tipologie di comportamento interattivo osservabili:
•
in momenti iniziali oppure in situazioni protratte di rifiuto, il paziente
considera la bambola esclusivamente come un oggetto inanimato e tende ad
esplorarla con un contatto iniziale che poi si riduce fino a portare
all’abbandono della bambola da qualche parte;
•
dopo la prima fase può seguire, ma non sempre ciò accade, una fase di
accudimento costante nel corso di vari momenti della giornata; in questo caso
si evidenzia un riconoscimento del simbolismo dell’oggetto;
•
infine, un’altra modalità interattiva che può essere osservata è quella in cui
si verifica un’alternanza tra intenso accudimento della bambola e disinteresse
o rifiuto.
Ognuna
di queste modalità può dare un’indicazione della modalità di relazione
affettiva caratteristica del paziente e risente anche dell’incoraggiamento che
il personale della struttura ospitante o della famiglia mostra nei confronti
delle azioni di cura rivolte alla bambola.
Nel
corso di un programma di intervento con la Doll Therapy, vanno considerati
alcuni segni tipici che mostrano la funzione terapeutica della bambola che
vanno raccolti in apposite liste di controllo periodico che sostengono
l’osservazione. Essi comprendono:
•
l’accettazione della bambola;
•
la ricerca di quest’ultima;
•
le interazioni verbali con l’oggetto (es. il parlare alla bambola);
•
il cullare;
•
l’abbraccio o la tendenza a stringere al petto;
•
la cura dell’abbigliamento;
•
il sorriso diretto;
•
il sorriso alle persone presenti;
•
il canto di una ninna nanna;
•
ogni forma di gioco con l’oggetto;
•
il contatto continuo;
•
l’accarezzamento.
Richiedono
un incoraggiamento dell’interazione gesti quali:
•
l’abbandono della bambola;
•
la ricerca di consenso rispetto a forme di accudimento;
•
il tenere la bambola senza muoverla;
•
il contatto sfuggente.
Dietro
ad alcune forme di rifiuto della bambola si possono celare traumi affettivi e
possibili lutti che vanno intesi come una forma di controindicazione alla
terapia della bambola, che potrebbe riattivare in tali casi frustrazioni e
conflitti. La raccolta di dati sulla storia dei pazienti con dei familiari di
questi ultimi rappresenta pertanto un passo fondamentale prima dell’inizio di
qualsiasi terapia basata sul maternage. In presenza di lutti importanti in
periodi dell’infanzia o della maternità o di disturbi dell’attaccamento,
l’intervento va condotto con prudenza o eventualmente, in casi estremi,
evitato.
In
conclusione, le esperienze positive di intervento ottenute attraverso questa
terapia sottolineano la necessità di perfezionare queste ed altre metodologie
di supporto, in cui il concetto di terapia si riferisce alle possibilità di
sostegno delle risorse presenti. Questo obiettivo, che potrebbe essere
considerato minimo, è tuttavia estremamente importante nelle condizioni in cui
non è possibile un miglioramento organico, ma in cui è possibile sostenere
anche un minimo adattamento funzionale.
Le
potenzialità applicative di questa terapia pertanto potrebbero essere esplorate
anche nel contesto di alcune disabilità cognitive medio-gravi presenti in altre
patologie e in pazienti di età diverse, in considerazione della possibilità di
ridurre trattamenti farmacologici massicci.
Il
dibattito tra sostenitori e oppositori della terapia della bambola trova
proprio in questo risultato un punto di accordo che apre uno spiraglio alla
collaborazione per il bene dei pazienti che si trovano a dover vivere una
condizione nella quale il comportamento diviene l’unico indicatore più genuino
di un benessere interiore che va ricercato con piccole e semplici strategie nel
qui ed ora.