L’idea
che le vacanze possano diventare motivo di stress appare assurda, eppure in prossimità delle ferie e delle
partenze estive possono verificarsi cali del tono dell’umore, difficoltà nel
sonno, irritabilità, mal di testa e altri disturbi fisici di lieve o moderata
entità riconducibili a fattori psicosomatici.
L’insieme
di questi sintomi può essere ricondotta a una sindrome da stress e perturbare, a volte
in modo significativo, la ricerca del relax e dello svago tanto attesi dopo
mesi di lavoro.
Se da un punto di vista logico la cosa non ha alcun
senso, da un punto di vista psico-logico può essere spiegata col fatto che ogni
evento che stimola una risposta emotiva intensa o implica un cambiamento
marcato delle abitudini, sia esso positivo o negativo, comporta una certa
quantità di stress, variabile a seconda del contesto e della persona.
Lo
stress è da intendersi come un fisiologico adattamento dell’organismo a un
cambiamento del sistema in cui abitualmente funziona, perciò non si tratta necessariamente
di un indicatore preoccupante ma di una risorsa che può predisporre la persona
a compiere le scelte più appropriate per reagire a una situazione nuova.
Perciò niente paura e niente allarmismi estivi: un po’ di ansietà e
di affanno durante i primi giorni di ferie o di viaggio può essere interpretata
come una positiva fase di predisposizione psicologica, per poi immergersi a
fondo nella meritata vacanza.
Nei casi in cui lo stress persiste, ovvero quando i
sintomi non si attenuano ma aumentano o si stabilizzano ad un livello avvertito
con disagio e preoccupazione, invece, è probabile che la condizione di riposo
data dalle ferie anziché distendere e confortare la persona, favorisca
l’emersione di problematiche che l’impegno lavorativo consentiva di “tenere
sullo sfondo”.
In
questo senso, non è la vacanza in sé a scatenare lo stress e i suoi sintomi, ma
motivazioni soggettive di cui la persona può non avere, o non voler avere,
piena consapevolezza. Per esempio, chi
va in ferie in una situazione di conflittualità o precarietà lavorativa può
reagire con stress al fatto di non poter più controllare quanto accade sul
posto di lavoro in sua assenza e, così, sperimentare la pesante sensazione di
“non riuscire a staccare” e di non godere pienamente di ciò che fa in vacanza.
O
ancora, se la persona vive con insoddisfazione un rapporto sentimentale, la
pausa estiva condivisa col partner può trasformarsi in una trappola per la
coppia; così l’apatia,
il disamore o l’insofferenza si trasformano in stress da vacanza, una
motivazione consciamente più accettabile, anche se decisamente costosa.
Altri elementi che possono favorire lo stress da vacanza sono relativi
all’aspettativa eccessiva di divertimento o benessere riposta nel periodo di
ferie, ovvero all’idealizzazione
di un viaggio o di un’esperienza programmata come fossero magici rimedi alla
restante parte dell’anno, magari passata a ricorrere ritmi trafelati
o a rimediare a problemi di varia natura.
Infine,
alcune persone spendono
nella vacanza ogni energia alla ricerca vorace e irrealistica di nuove
emozioni, per poi rientrare sfibrate e frastornate alla quotidianità senza aver
stabilito qualche giorno di “decompressione” necessario per
evitare che lo stress da vacanza si manifesti nel bel mezzo del rientro a
lavoro.
Ciò che può aiutare a combattere lo stress, e non solo
quello da vacanza, è acquisire la capacità di fermarsi, di “stare” per davvero
al centro dei fatti e delle relazioni della propria vita invece che
affrettarsi a correre in spiaggia o a volare per chissà quale meta.
In
parte, questo significa imparare ad “annoiarsi”, a dondolare lentamente e
placidamente per un po’ nel proprio tempo e nel proprio corpo, evitando la
perenne tentazione di fuggire altrove.
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