Chiedere è sempre stato difficile per tutti, un pò
per un moto di orgoglio personale, un pò per quel senso di indipendenza che ci
piacerebbe poter portare avanti in ogni caso.
Chiedere
significa umiliarsi, risultare insistenti con le persone, dimostrarsi assertivi
(ossia fornire la propria opinione senza trascurare l’altro, ma non farsi
sottomettere da nessuno), chiedere è legittimo e rispondere è cortesia.
Sembrerebbe
che chiedere sia una
sorta di sottomissione e di obbligazione verso l’altro, come se
si scomodasse e fosssimo in dovere di ricambiare la richiesta prima o poi.
Il
film di Pier Paolo Pasolini “Che cosa sono le nuvole” del 1967 ha al suo
interno un dialogo tra burattini, Otello e Jago, interpretati da Ninetto Davoli
e da Totò, in cui si affronta il tema della verità.
Essa
è soggettiva, dipende dal momento e dalla persona che la nomina, non può essere
detenuta da nessuno, varia a seconda della relazione che si instaura tra i
soggetti, è legata al fatto che ogni essere nasce e muore da solo.
Bisogna
comprendere, in altre parole, che il fatto di chiedere è legato al dialogo, che si può
spingere fino ad un certo punto, poichè la solitudine è diagnosi e terapia allo
stesso tempo di sè, il corpo delimita lo spazio che la mente vorrebbe
prevaricare ma non può farlo perchè anzitutto c’è il singolo.
Chiedere
è anzitutto un dovere verso sè stessi, più che dalle risposte il valore
di una persona si misura dalle domande che si riescono a porre.
Sono
diversi i motivi per cui si
fa fatica a chiedere: orgoglio, mancanza di volontà di
ammettere di avere un problema, vergogna, timore del rifiuto, paura del
giudizio degli altri; ecco, alla base di tutto ci dev’essere la liberazione
dalla dipendenza dal giudizio altrui.
Chiedere
è sempre lecito, a prescindere dalla risposta che si ottiene.
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