giovedì 2 luglio 2015

CROMOTERAPIA: COME I COLORI AIUTANO IL NOSTRO BENESSERE PSICOFISICO

“ I colori, come i lineamenti, seguono i cambiamenti delle emozioni.”

Pablo Picasso

Ci siamo mai chiesti perché nella sale operatorie si usa il verde? Perché i bambini che nascono con l'ittero vengono posti sotto una luce blu? Perché riusciamo a dormire o a riposare meglio in una camera da letto con le pareti e le lenzuola color pastello? Ci siamo mai accorti come il colore sia così capace di influenzare inconsciamente molti aspetti della nostra vita?
Non tutti sanno che i colori e le luci colorate hanno una grande influenza sulla vita di tutti gli esseri viventi; per esempio il colore degli abiti che si indossano determinano lo stato di umore che si ha, oppure si può capire alcuni aspetti della persona conoscendo il suo colore preferito, insomma tutto ha un determinato colore: le cose, le emozioni, i pensieri, gli stati d'animo, ecc.
Cos’è il colore?
Il colore è una sensazione recepita dal cervello che ha effetti sul nostro organismo, e soprattutto sul nostro atteggiamento psicologico, poiché è capace di provocare risposte emotive ed atteggiamenti di vario genere.
La nostra “tavolozza cromatica personale” dipende dal modo in cui percepiamo i colori esterni e da quali concetti emozionali gli associamo inconsciamente, sia sulla base del nostro vissuto personale, sia sulla base del contesto culturale in cui viviamo, che ci può influenzare più o meno direttamente.
L'influenza che i colori hanno sui nostri stati d'animo, dunque, è notevole. Ma i colori, se opportunamente usati, possono essere di grande aiuto anche nei disturbi del corpo fisico, offrendo anche una valida alternativa, quando è possibile, all'uso di farmaci.
E’ proprio su questi concetti che si basa la cromoterapia, una medicina alternativa che usa i colori come terapia per le malattie, aiutando il corpo e la psiche a ritrovare il loro naturale equilibrio.
Le origini della cromoterapia.
La cromoterapia ha origini antichissime, infatti le medicine tradizionali da sempre hanno attribuito grande importanza all’influenza dei colori sulla salute e sullo stato d’animo umano tanto da sviluppare una vasta conoscenza sui colori.
Gli Egizi svilupparono grandi conoscenze sulla cromoterapia; infatti essi usavano l’elioterapia (usata poi anche dai Romani), una pratica che consisteva nel sottoporsi all’irradiazione diretta dei raggi del sole, che esercitava sul corpo un potere antidepressivo, seppur leggero.
I Greci usavano i colori derivati da minerali, pietre, cristalli ecc. come trattamenti per le malattie. I colori erano associati agli elementi fondamentali (aria, fuoco, acqua e terra) e questi ai quattro “umori” o “fluidi del corpo”: la bile gialla, il sangue (rosso), il flegma (bianco) e la bile nera, a loro volta prodotti in quattro organi particolari (la milza, il cuore, il fegato e il cervello). La salute era considerata risultante dell'equilibrio di questi elementi, mentre, la malattia ne era lo sbilanciamento.
Durante il Medioevo, con l'avvento del Cristianesimo in tutte le discipline del sapere, tutto ciò che era pagano fu esorcizzato, comprese le pratiche di guarigione sopra citate. L’arte della cromoterapia così, fu tramandata solo oralmente dato che era stata dichiarata "occulta" dalla Chiesa.
Durante l'Illuminismo la ragione e il metodo scientifico sostituirono tutto ciò che non fosse dimostrabile e verificabile scientificamente; la cromoterapia entrò così a far parte della "medicina alternativa",  o “ pseudoscienza”, in quanto, seppur largamente utilizzata dalle antiche civiltà, non possedeva riscontri scientifici.
Uno sviluppo notevole si è avuto soprattutto in Oriente: in India dove la medicina ayurvedica ha sempre tenuto conto di come i colori influenzino l’equilibrio dei chakra (centri di energia sottile associati alle principali ghiandole del corpo) e in Cina dove si affida il proprio benessere all’azione dei vari colori.
Nel 1920 fu inventata la "spettrocromoterapia", una terapia che prevedeva per ogni patologia l'utilizzo di luci di colori diversi, unite a prescrizioni dietetiche.
Negli ultimi anni la cromoterapia è stata rivalutata e ha riacquistato di nuovo valore grazie allo sviluppo di numerosi studi scientifici che hanno evidenziato l’influenza dei colori sul sistema nervoso, immunitario e metabolico. Anche se è ancora contestata da una parte della comunità scientifica in quanto non si avvale di evidenze empiriche, in America, ad esempio, è molto usata ed è diventata ormai un metodo standard di terapia.


Ma cos’è la cromoterapia?
Come già detto la cromoterapia s’inserisce tra le medicine alternative. E’ una pratica che utilizza i colori per influenzare mente e corpo della persona, al fine di aiutarla a ritrovare un equilibrio funzionale ed una sensazione generale di benessere psicologico e fisico trattando disturbi e malattie di varia entità.
Naturalmente non si può pensare di guarire da gravi patologie solo ed esclusivamente usando i colori, e sostituendo le terapie farmacologiche, ma senza dubbio molti disturbi si possono alleviare, senza contare che associare la cromoterapia, che non ha effetti collaterali, alle cure tradizionali farmacologiche, è utile per potenziarne gli effetti e per dar sollievo alla psiche. E’ definita come una “terapia dolce” poiché appunto non è invasiva e non crea dipendenza e anche come terapia integrativa, di supporto, quindi, alle altre medicine più invasive.
Tra gli assunti base della cromoterapia c’è il fatto che il colore sia sostanzialmente luce e in quanto fonte luminosa è dotato di energia, quindi le malattie si formano a causa di un equilibrio mancante nel sistema-vita e questa mancanza può essere compensata appunto dai colori.
Oltre alla classica cromoterapia che consiste nel sottoporre le parti del corpo che causano dolore ad irradiazioni di colori, il colore può essere assorbito in diversi modi dal nostro corpo, dallo spirito e dall’anima:
attraverso l'alimentazione, ossia mangiando cibi con il loro colore naturale; attraverso la luce solare che comprende nel suo spettro tutti i colori; attraverso l'irradiazione luminosa della pelle con la luce "artificiale" di speciali apparecchiature e filtri; attraverso gli abiti; attraverso l’acqua solarizzata (bevuta in momenti precisi della giornata); attraverso il bagno con acque colorate con essenze naturali o luci speciali; attraverso la meditazione dei colori; attraverso la visualizzazione e la respirazione; attraverso il massaggio con speciali prodotti e pigmenti colorati.
Ogni colore ha delle proprietà positive e negative. La preferenza di un colore piuttosto di un altro denota specifiche caratteristiche psichiche e comportamentali. I colori ci trasmettono effetti psicologici ed emotivi diversi. Andiamo a vederne alcuni in particolare.
Rosso: è il colore più caldo, il preferito dalla maggior parte della gente, è il primo che notiamo, ed è il colore che più di tutti è capace di attirare la nostra attenzione e di provocare in noi una qualsiasi reazione emotiva. E’ il colore della passione, dell’amore, della forza, della salute, della vitalità, delle forti emozioni, del desiderio, dell’audacia, della grinta ,del calore, dell’energia, dell'erotismo, del movimento, del coinvolgimento (fisico e emotivo). Esso rappresenta anche il sangue, le passioni violente, il fuoco, il pericolo ed è spesso associato a situazioni spiacevoli. Aumenta il numero dei battiti, la circolazione sanguigna, la pressione arteriosa, la frequenza respiratoria, stimola l’attività nervosa e ghiandolare, allevia le patologie muscolari, stimola l’attività del fegato e quella endocrina, gli organi della riproduzione, favorisce la cicatrizzazione. Si utilizza contro bruciature, eruzioni cutanee, asma, sintomi influenzali, sonnolenza, stanchezza, dolori articolari, paralisi parziali o totali.
E’ molto utile in presenza di sintomi di depressione e melanconia, disturbi sessuali (frigidità, impotenza). Le persone che scelgono il rosso per l’abbigliamento tendono a farsi notare ed a voler attirare su di sé l’attenzione. Viene spesso indossato da persone estroverse e vitali, ma anche impulsive ed energiche, a volte con un temperamento aggressivo che vogliono ottenere tutto dalla vita. Hanno una personalità ottimista, un carattere piuttosto inquieto, conoscono poco i loro lati negativi e tendono ad addebitare ad altri la colpa dei propri insuccessi.
Arancione: è un colore caldo dato dalla combinazione tra il giallo e il rosso. Nella cultura orientale è associato all'amore, alla felicità, all’allegria e alla gioia. E’ il colore dell’accoglienza e dell’ospitalità, della saggezza, della comprensione, della tolleranza,dell’ attenzione, della ricerca e dello studio.
Aumenta la pressione arteriosa, stimola la tiroide, ottimizza l’attività della milza, aumenta la pressione arteriosa, rigenera il tessuto nervoso, stimola la respirazione (asma), stimola l’appetito e aiuta a ritrovare l’energia. È utile in caso di shock e traumi e per le donne che hanno difficoltà a concepire per problemi psicologici.
È usato per sintomi depressivi, manie, paure, nevrosi poiché induce serenità, entusiasmo, allegria, voglia di vivere, aumenta l’ottimismo, la positività dei sentimenti, l’energia fisica e mentale e anche usato per l’anoressia poiché stimola l’appetito e aiuta a ritrovare l’amore per la vita. È un colore “sociale” che distingue persone buone  e benvolute, piuttosto estroverse che amano la compagnia, ma che possono anche essere superficiali, lunatiche e instabili.
Giallo: è il colore del sole, della gioia, dell’ottimismo, della positività, della felicità, della saggezza, dell’intelletto, dell’estroversione, dell'immaginazione, della crescita, del cambiamento, è il più amato dai giovani, soprattutto dai bambini. Può anche simboleggiare disonestà, tradimento, gelosia, falsità, malattia, collera e invidia.
Incrementa il tono neuro muscolare, dà una maggiore prontezza di riflessi, stimola l’appetito, aiuta la digestione (anoressia, inappetenza, flatulenza, emorroidi, eczema), depura il sangue, purifica il fegato e l’intestino, riduce il gonfiore addominale (colite).
Stimola l’attività celebrale dell’emisfero sinistro del nostro cervello (polo razionale), favorendo la capacità di concentrazione, l’apprendimento, l’attenzione, stimola la risoluzione dei problemi, la capacità di comunicazione e i rapporti interpersonali.
Blu: il blu è un colore “freddo”, è il colore del pensiero razionale, della calma, dell’infinito, della pace, della serenità, del benessere, della tranquillità, dell’armonia, della fiducia, della lealtà, del dovere, della riflessione, dell'autoanalisi e dell’introspezione. È un colore estremamente rilassante e positivo.
Stimola il sistema parasimpatico, diminuisce la pressione arteriosa, il ritmo respiratorio e il battito cardiaco. Molto utile in caso di stress, nervosismo, ansia, insonnia, irritabilità e infiammazioni. Ha proprietà antisettiche, astringenti e anestetizzanti. Sulla psiche agisce combattendo l’agitazione sia fisica che mentale ed è quindi usato per favorire rilassamento e distensione, concilia la concentrazione.
Indaco: è un colore molto freddo, è un grande purificatore del sangue, stimola udito, vista e olfatto e ha una spiccata azione sulla mente. E’ utile in caso di ipertiroidismo e in caso di cataratta. Induce una forte concentrazione mentale. È adatto a persone particolarmente tese e nervose.



Verde: il verde è un colore neutro, rappresenta un punto di equilibrio tra i colori caldi e quelli freddi. E’ considerato da sempre il colore della natura e dell’ambiente, il più riposante e rilassante (è uno dei colori cardini della cromoterapia). E’ il colore della calma, dell’armonia, della riflessione, della speranza, della salute, della guarigione, della vita, della crescita, della fortuna,della  gioventù, della fertilità, della pace, ma può rappresentare anche la putrefazione, l’acido e il veleno.
Aumenta il benessere generale dell’organismo e ripristina l’equilibrio delle sue funzioni. Viene usato in caso di emicrania, nevralgia, febbre, nelle proliferazioni anomale a livello cutaneo (verruche, nei, tumori), disturbi dell’apparato gastrointestinale (gastrite, ulcera), è un antibatterico e disinfettante naturale.
A livello psichico genera calma ed è un sedativo del sistema nervoso: aiuta a combattere irritabilità, insonnia, ansia ed esaurimento, stress e sue somatizzazioni, rappresenta i valori saldi che non mutano e l’autostima, contribuisce a ritrovare determinazione e tenacia.
Coloro che mostrano spiccata preferenza per il verde cercano autoaffermazione, la prevalenza delle loro opinioni, tendono a essere grandi moralizzatori (ma non moralisti), vogliono agire a modo proprio contro qualsiasi opposizione. Sono anche persone miti e sincere, aperte e che amano la compagnia; volentieri mettono in ombra se stessi, sono modesti, pazienti e purtroppo spesso sono sfruttati dagli altri. Di regola si tratta di persone ben educate e garbate che godono di buona reputazione ma che non amano trovarsi troppo spesso al centro dell'attenzione.
Viola: contiene i due colori opposti e primari: blu (il più freddo) e rosso (il più caldo). Simboleggia regalità, spiritualità, passione, amore, magia, calma, quiete, silenzio, intelligenza, creatività artistica, devozione religiosa, conoscenza, santità, aldilà, sobrietà, penitenza, fantasia, creatività, sensualità, crudeltà, arroganza, pianto, unione degli opposti, suggestionabilità. E' il colore del cervello destro (analogico). Ha una grande influenza sul sistema nervoso usato in caso di epilessia, meningite, crampi, tumore, debolezza, problemi renali. E' rilassante e utilissimo nei traumi del cranio, nell'insonnia, irritabilità e eccitabilità.
Bianco: rappresenta la luce, la semplicità, il sole, l'aria, l'illuminazione, la purezza, l'innocenza, l'ingenuità,  la castità, la santità, la sacralità, la redenzione, la pulizia, la semplicità , la pace, ma anche morte (culture orientali), freddezza e sterilità. Il bianco è un colore che rivitalizza: rigenera l’organismo e schiarisce la mente. Chi indossa costantemente il bianco ha una personalità tendente al perfezionismo e all'idealismo; spesso infatti rincorre idee e sogni irrealizzabili. Al contrario, se il bianco viene indossato assieme ad altri colori, indica una personalità vitale e equilibrata.
Rosa: è il colore che simboleggia femminilità, gioventù, amore e affetto senza passione, gentilezza, tenerezza, dolcezza, protezione, creatività femminile, empatia. È il colore preferito dalla maggior parte delle donne di tutto il mondo e comunica un messaggio di debolezza e ingenuità. Il rosa possiede le qualità più delicate del rosso. Agisce sul sistema nervoso rilassandolo e migliorando la vista. Ammorbidisce le tensioni, rinvigorisce e rivitalizza, ma sempre con delicatezza. E’ indicato dopo periodi negativi per alleggerirsi della pesantezza dei brutti ricordi e per stimolare l’ottimismo.
Marrone: simboleggia neutralità, terra, legno, ispira stabilità e fiducia per cui si associa alle cose solide e durature. Il marrone è il colore delle persone forti e solide con grande capacità di resistenza e pazienza. In genere si tratta di persone molto coscienziose, consci cioè del proprio dovere e responsabilità, sono costanti, attenti e conservativi. Chi ama il marrone è una persona ancorata alle proprie abitudini e convinzioni e non ama i cambiamenti; il problema di queste persone è la loro scarsa mobilità e l'incapacità di adattarsi rapidamente, mancano spesso di individualità e non vogliono dare nell'occhio.
Nero: è associato a potere, eleganza, magia, mistero, oscurità, vuoto, male. Simboleggia anche lutto e morte (culture occidentali), cattiveria, infelicità, tristezza, rimorso e rabbia. Oggi è un colore molto apprezzato nella moda femminile per la sua caratteristica di far sembrare la persona più magra. E' un non-colore, un colore enigmatico che assorbe tutti i colori e che pone una barriera tra la persona e il mondo. Può avere effetti depressivi.
Grigio: è un colore neutro e simboleggia depressione, umiltà, intelligenza, solidità, pulizia, maturità tristezza, chiusura, non coinvolgimento, prudenza e compromesso. Le persone che indossano frequentemente questo colore tendono a giudicare e condannare gli altri. Chi ama questo colore cerca la calma e la pace esteriore, rifiuta l'eccitazione e lo stimolo, la vitalità viene respinta per condurre una vita tranquilla senza alti né bassi.
In conclusione possiamo affermare che la cromoterapia non deve essere considerata come unica soluzione nella cura del paziente, ma bisogna capire e conoscere come questa soluzione può essere affiancata alle cure tradizionali per migliorare lo stato del paziente, aiutarlo psicologicamente, predisporlo alla guarigione e in alcuni casi accelerare i processi di recupero se non addirittura risolvere alcune problematiche.
Inoltre ricordiamoci che tutti usiamo la cromoterapia pur senza saperlo: imparare ad usarla con consapevolezza non può far altro che tradursi in vantaggi concreti per la nostra vita quotidiana.


Dott.ssa Loredana Longo

Laureata in Psicologia e tirocinante presso la Obiettivo Famiglia Onlus di Pescara


mercoledì 1 luglio 2015

IL BAMBINO E I GENITORI DI FRONTE ALL’ INTERVENTO CHIRURGICO




L’esperienza di ospedalizzazione è un’esperienza vissuta da molte persone e come per tanti, anche per il bambino è un momento che la maggior parte delle volte causa tensione e disagio emotivo i quali vanno ad influenzare negativamente sia il benessere fisico che psicologico. Sono soprattutto l’ansia e la paura a farla da padrone. Infatti essi sono gli aspetti psicologici che caratterizzano l’esperienza dolorosa, in chirurgia pediatrica, causata in particolar modo dal trauma tissutale dovuto all’intervento e anche dall’anestesia. L’ansia sembra essere uno dei primi sintomi causati dal dolore e per cercare di gestire al meglio lo stato emotivo ansiogeno del bambino sarebbe opportuno affrontarne il trattamento. L’ansia può anche portare a vivere come dolorose delle procedure che in realtà sono semplici o poco invasive, come punture e prelievi, e può comportare anche avversione verso gli operatori. Insomma l’ansia risulta nociva per il bambino poiché va a modificare proprio la sua qualità di vita, con il rischio di inibire la risposta immunologica e farmacologica.
Per affrontare questa situazione psico-fisiologica legata all’ospedalizzazione, un ruolo fondamentale è assunto dall’ interazione sociale che, in questa circostanza, sembra essere svolto soprattutto dallo staff ospedaliero. E’ indispensabile che lo staff offra al bambino e alla famiglia il giusto sostegno e aiuto psicosociale con empatia, informazioni, coinvolgendo gli adulti e rispettando le esigenze.
Vari studi hanno riscontrato varie cause che portano a traumi psichici dopo gli interventi. Una delle principali cause sembra essere l’anestesia, con effetti post-operatori come disturbi del sonno e dell’alimentazione, difficoltà di concentrazione, irrequietezza motoria, enuresi notturna, oppure anche con attaccamento dipendente nei confronti dei genitori, calo di rendimento scolastico ecc.
Tra le altre cause possiamo trovare: la carenza della figura materna, il modo in cui vengono accolti i bambini, la mancanza di informazioni da parte dei medici e anche dall’ atteggiamento autoritari che spesso assumono questi ultimi.
Il momento pre-operatorio risulta essere uno dei momenti più ansiogeni in chirurgia pediatrica: infatti si parla spesso di “ansia pre-operatoria”, ovvero stato di tensione o disagio vissuto dal paziente circa la malattia, l’ospedalizzazione, l’anestesia, la procedura chirurgica e ciò che non conosce, infatti il bambino è minacciato dalla separazione dai genitori, dall’ambiente, dalla mascherina.
Particolare attenzione è da rivolgere ai genitori. Infatti, ad esempio, la presenza di un genitore durante l’induzione dell’anestesia è una delle tecniche più utilizzate per ridurre l’ansia del bambino. Ma anche per i genitori vi è un livello d’ansia abbastanza alto che bisogna comunque tenere sotto controllo.
I fattori che influenzano l’ansia dei genitori sono vari, come ad esempio vedere il proprio figlio inerme, quando è alla prima esperienza chirurgica, oppure anche essere un figlio unico ecc.
Tra le altre cause ritroviamo, la mancanza di informazioni e le idee preconcette sull’anestesia. Concludendo, la presenza dei familiari risulta comunque essere essenziale, poiché permette al bambino di mantenere un equilibrio psicoaffettivo e anche una maggiore probabilità di somatizzazione positiva. Quindi risulta utile preparare i genitori in modo da ridurre la loro ansia e di conseguenza la sua influenza su quella del figlio.

Tratto da “ Rivista interdisciplinare di ricerca e intervento relazionale-terapia familiare “, di Laura Vagnoli, Simona Caprilli.

Dott.ssa Antonia Malpede

Laureata in Psicologia e tirocinante presso la Obiettivo Famiglia Onlus

“RELAZIONI ED EMOZIONI?....NO, GRAZIE!”

“Sto bene in compagnia di me stesso, gli altri mi complicano la vita.”

(P. Baroncini)


A volte si può pensare che magari entrare in relazione con altre persone ed esprimere le proprie emozioni sia un qualcosa di semplice ma spesso relazionarsi con gli altri risulta essere una vera e propria sfida, a volte anche difficoltosa.
Infatti, alcune persone si trovano a chiedere un aiuto di tipo psicologico a causa della loro difficoltà a non sapere  gestire bene le proprie relazioni sociali.
Il saper interagire in modo efficace con le altre persone non è un’abilità innata ma in parte dipende anche dal proprio temperamento e da come sono state affrontate le proprie esperienze di vita, soprattutto quelle collegate ai vissuti dell’infanzia e dell’adolescenza.
Il concetto di “abilità sociali” fa riferimento alla capacità di una persona di sapere adattare il proprio comportamento in base alla situazione sociale in cui si trova, in modo da rendere più probabile che i propri obiettivi, all’interno di quella specifica interazione, vengano raggiunti. Chi non possiede buone abilità sociali ha invece la sensazione di non essere efficace all’interno di una situazione relazionale, si sente fuori luogo; teme che gli altri si accorgano delle sue difficoltà e si preoccupa del loro giudizio.
Vi sono persone che nella maggior parte dei contesti (familiare, sociale, sentimentale, lavorativo) non si sentono a proprio agio o trovano delle difficoltà; invece altre riescono a trovarsi a proprio agio in alcune situazioni relazionali ma non in altre, ad esempio non hanno difficoltà quando interagiscono con i propri familiari o con gli amici ma si trovano a disagio quando si trovano a relazionarsi, ad esempio, con persone sconosciute o con cui hanno poca confidenza.
Ma come mai non tutti possiedono buone abilità sociali?
Come riportato sopra, le abilità sociali non sono capacità innate ma si apprendono nel corso della propria vita; imparare a stare con gli altri, infatti, è il prodotto di un processo educativo che parte dall’infanzia. È proprio quando si è bambini che sarebbe più opportuno apprendere la capacità di comunicare in modo efficace con gli altri ed adattare il proprio comportamento in funzione del contesto in cui ci si trova. Tuttavia vi sono diverse variabili che, quando si è bambini, possono impedire, o quanto meno rendere difficile, l’apprendimento di abilità sociali efficaci.
Tra queste variabili rientra, ad esempio, l’assenza di modelli positivi. Infatti, siccome impariamo anche osservando e imitando gli altri, quando si è piccoli e i propri genitori o le persone con le quali si trascorre più tempo trovano delle difficoltà nei contesti relazionali, il bambino non avrà modo di osservare e quindi di imparare modalità efficaci di interazione sociale.
Parlando di relazioni e del relazionarsi con gli altri, non si può non fare almeno un accenno alle emozioni.
Le emozioni e le relazioni fanno parte integrante e strutturano la vita di ogni individuo e il non riuscire a esprimerle, non provarle, non viverle significa esserci in maniera incompleta, e questo fa male.
Sentimenti ed emozioni ci accompagnano in tutto il percorso della nostra vita e ognuno le affronta in modo diverso. Sono proprio questi sentimenti e queste emozioni che fanno di noi individui unici e irripetibili. Ma sappiamo bene che quando non abbiamo la possibilità di esprimere le nostre emozioni, esse alla fine ci sopraffanno. Più carichiamo la nostra mente di sentimenti che non manifestiamo, più la carichiamo di pensieri spesso ossessivi, di paure, di sentimenti, di bassa autostima… e questo può ostacolarci anche nello svolgimento delle più semplici attività quotidiane.
Ci sono volte in cui queste emozioni represse vengono fuori all’improvviso, quando meno ce lo aspettiamo, in momenti non consoni alla situazione reale in cui ci troviamo, e tendiamo a scaricarle su persone che non c’entrano . Oppure, altre volte queste stesse emozioni si ritorcono contro noi stessi, infatti si parla spesso degli effetti negativi del trattenere le emozioni in riferimento alla salute. Ed è vero: il non esprimerle in modo adeguato può dar vita a disturbi psichici e fisici, come ad esempio ansia, panico, cefalea, gastrite, ecc. Questi sintomi, in realtà, ci vogliono semplicemente avvisare e dire che qualcosa dentro di noi deve venire fuori, e non trovando altre vie per uscire, si manifestano in questo modo, ovvero, comportando sofferenza psichica e fisica.
Ma si parla poco dei danni che questo atteggiamento fa alla vita di relazione. Molti non riescono quasi a esprimere davanti agli altri le proprie emozioni nel momento in cui le provano, e i motivi sono molti, come ad esempio la paura del giudizio, una forma di pudore, una sorta di  abitudine a "tenere dentro", per timore di essere inopportuno, di non essere compreso… e ciò riguarda sia le emozioni positive che quelle negative.
E sono proprio un netto distacco dalle relazioni sociali e una limitata capacità di espressione delle emozioni nei momenti di interazione solo alcuni degli aspetti più evidenti in quel che viene definito “ disturbo schizoide di personalità “ .
Il disturbo schizoide di personalità (così come definito secondo i criteri diagnostici DSM-IV–TR e, similmente, nell'ICD-10) è un disturbo di personalità del Gruppo A, il cui tratto principale è la mancanza del desiderio di relazioni strette con altre persone, e il distacco emotivo del soggetto rispetto alle persone e alla realtà circostante.  Questo disturbo  è caratterizzato, appunto, dal distacco dalle relazioni sociali e da una ristretta gamma di espressione delle emozioni. Infatti, la difficoltà maggiore che queste persone avvertono è l’ incapacità di rapportarsi agli altri, che deriva, probabilmente, da inadeguate cure parentali ricevute nell’infanzia.
La personalità schizoide manifesta chiusura in sé stessa o senso di lontananza, freddezza. La persona tende all’isolamento, infatti la ricerca della solitudine fa parte integrante della loro vita tanto che cercano per lo più lavori e professioni che richiedono pochi contatti sociali e collaborazioni con gli altri: possono anche raggiungere traguardi importanti e di prestigio perché dimostrano di essere in grado di portare avanti un compito o un lavoro senza l’aiuto o il supporto altrui; oppure ha relazioni comunicative formali o superficiali, non appare interessata a un legame profondo con altre persone, evita il coinvolgimento in relazioni intime con altri individui, con l'eccezione eventuale di parenti di primo grado, che però potrebbero non percepire l'intensità del disturbo schizoide, in quanto il soggetto potrebbe avere con loro relazioni perlopiù normali.
Il soggetto necessita ma, allo stesso tempo, teme i legami affettivi, per cui sceglie il ritiro come forma di difesa e preferisce la sicurezza e la solitudine alla minaccia delle relazioni. Ma tutto questo, nonostante l'apparente freddezza, viene vissuto dalla persona con un disturbo di personalità schizoide, come un enorme disagio. Infatti, bisogna comunque tener presente che la persona con un disturbo di personalità schizoide è infelice perché il disagio lo sente.
Ogni sfera della vita relazionale, affettiva e lavorativa della persona risulta essere interessata da questo disturbo ma il loro modo di concepire i legami interpersonali evidenzia una netta contraddizione: mentre nella realtà evitano e cercano di sottrarsi alle occasioni di interazione, nella fantasia si costruiscono un mondo privato di relazioni, esperienze e sentimenti  profondi con cui compensano l’ assenza e la solitudine che cercano nella vita vera.
                                                              Dott.ssa Antonia Malpede

Laureata in Psicologia e tirocinante presso la Obiettivo Famiglia Onlus

TINDER: L’ “AMORE” A PORTATA DI CLICK…

«Tinder è come la gente si incontra. Esattamente come nella vita reale, ma è molto meglio!», recita il motto dell’app ufficiale. Nel giro di un anno è stata tradotta in 24 lingue diverse e con oltre 10 milioni di utenti attivi ogni giorno, Tinder rappresenta l’alternativa mobile dell’universo dei sistemi online di incontri.
Ma che cos’ è Tinder? E’ un'applicazione nata in California nel settembre 2012 in ambito universitario, che aiuta coloro che la scaricano a trovare persone di sesso opposto o uguale affini. Tutto ciò  collegandosi al proprio profilo Facebook, consentendo di selezionare le foto migliori che si hanno a disposizione, indicando di attivare un GPS per una localizzazione vicina e si comincia così con una serie di riscontri con le persone che sono state selezionate. Se si riceve un feedback, allora si ha la possibilità di cominciare a chattare e a conoscere la persona.
Tinder è una dating app, o meglio una matchmaking app che ha l’obbiettivo di accoppiare persone. Niente di nuovo sul fronte occidentale, dato che ormai la gente si conosce per lo più via social.
E’ un’applicazione in piena fase di boom, con cui è possibile organizzare incontri occasionali in pochi secondi. Sta diventando ogni giorno più popolare e frequentato in tutto il mondo e non solo tra giovani e single. Infatti, ora sembra essersi diffuso anche tra donne e uomini di mezza età, anche se al momento rappresentano solo una piccola percentuale degli utenti.
Una volta installata l’applicazione si può entrare subito nel social network accedendo tramite account Facebook. Non bisogna nemmeno stare attenti alla privacy perché nessuno saprà chi siamo su Tinder, a meno che non ci sia un contatto reciproco.
Inoltre, l’applicazione non pubblicherà nulla su Facebook senza permesso, quindi, se non si vuole, nessun  amico saprà che si sta utilizzando Tinder.
Ecco che si può già evidenziare il perché questa applicazione sta diventando così popolare.
Innanzitutto ciò è dovuto alla sua semplicità di utilizzo (niente lunghi questionari da compilare per accedere); il login rapido attraverso Facebook (condivide solo il nome e le sei immagini autorizzate); la sua capacità di realizzare ciò che promette, ovvero incontri occasionali con un ragazzo o una ragazza che ci piace e a cui piacciamo, almeno fisicamente; e soprattutto il meccanismo di geolocalizzazione.
Questi incontri, che spesso hanno lo scopo di ottenere facili rapporti sessuali, riflettono quelle che sono le esigenze della società di oggi, come la rapidità e la semplicità. L'utente riceve infatti, come accade in realtà in molti altri servizi simili, una carrellata di facce in base a dove si trova: con un semplice gesto accetta o meno l'eventuale connessione (uno swipe o un tocco a destra equivale a via libera, uno a sinistra, avanti un altro o un'altra) che, se confermata, dà inizio alla chat.
Chi ha installato Tinder sembra trascorrerci molto tempo, infatti vi è anche il rischio di dipendenza.
Secondo la rivista Business Week, in media i follower di Tinder (chiamati anche tinderer) controllano l'applicazione 11 volte al giorno per sette minuti a volta, prova che genera non poca dipendenza.
Inoltre, questa applicazione permette momenti di gratificazione istantanea a cui è difficile rinunciare e con essa, quindi in rete, esprimere il proprio consenso o accettare un rifiuto è molto più confortevole rispetto a quando accade nella vita vera.
Ma oltre a Tinder esistono molte altre applicazioni simili che hanno più o meno lo stesso scopo.
Tra queste vi sono ad esempio “Happn”, utilizzata per rintracciare persone incrociate casualmente per strada; “ Down”, utilizzata per far spere ai proprio amici, e anche agli amici degli amici di Facebook, che si vorrebbe andare a letto con loro e non con degli sconosciuti; “Grindr”, utilizzata per facilitare l’incontro tra persone omosessuali e bisessuali; “Grouper” , che organizza l'incontro tra due persone e poi dà la possibilità ai partecipanti di portare con sé due amici. Ma queste sono solo alcune tra le tante applicazioni disponibili in rete.
Quindi il mondo digitale si trova ad influenzare la vita ed i nostri comportamenti, molte volte magari aiutandoci ad essere più organizzati, altre volte un po' meno, creando, come visto, una vera e propria dipendenza da telefonino.
Per cui bisognerebbe stare molto attenti a non farsi influenzare e riuscire a distinguere la vita reale da quella che viene “vissuta” in rete.

Dott.ssa Antonia Malpede


Laureata in Psicologia e tirocinante presso la Obiettivo Famiglia Onlus