mercoledì 1 luglio 2015

“RELAZIONI ED EMOZIONI?....NO, GRAZIE!”

“Sto bene in compagnia di me stesso, gli altri mi complicano la vita.”

(P. Baroncini)


A volte si può pensare che magari entrare in relazione con altre persone ed esprimere le proprie emozioni sia un qualcosa di semplice ma spesso relazionarsi con gli altri risulta essere una vera e propria sfida, a volte anche difficoltosa.
Infatti, alcune persone si trovano a chiedere un aiuto di tipo psicologico a causa della loro difficoltà a non sapere  gestire bene le proprie relazioni sociali.
Il saper interagire in modo efficace con le altre persone non è un’abilità innata ma in parte dipende anche dal proprio temperamento e da come sono state affrontate le proprie esperienze di vita, soprattutto quelle collegate ai vissuti dell’infanzia e dell’adolescenza.
Il concetto di “abilità sociali” fa riferimento alla capacità di una persona di sapere adattare il proprio comportamento in base alla situazione sociale in cui si trova, in modo da rendere più probabile che i propri obiettivi, all’interno di quella specifica interazione, vengano raggiunti. Chi non possiede buone abilità sociali ha invece la sensazione di non essere efficace all’interno di una situazione relazionale, si sente fuori luogo; teme che gli altri si accorgano delle sue difficoltà e si preoccupa del loro giudizio.
Vi sono persone che nella maggior parte dei contesti (familiare, sociale, sentimentale, lavorativo) non si sentono a proprio agio o trovano delle difficoltà; invece altre riescono a trovarsi a proprio agio in alcune situazioni relazionali ma non in altre, ad esempio non hanno difficoltà quando interagiscono con i propri familiari o con gli amici ma si trovano a disagio quando si trovano a relazionarsi, ad esempio, con persone sconosciute o con cui hanno poca confidenza.
Ma come mai non tutti possiedono buone abilità sociali?
Come riportato sopra, le abilità sociali non sono capacità innate ma si apprendono nel corso della propria vita; imparare a stare con gli altri, infatti, è il prodotto di un processo educativo che parte dall’infanzia. È proprio quando si è bambini che sarebbe più opportuno apprendere la capacità di comunicare in modo efficace con gli altri ed adattare il proprio comportamento in funzione del contesto in cui ci si trova. Tuttavia vi sono diverse variabili che, quando si è bambini, possono impedire, o quanto meno rendere difficile, l’apprendimento di abilità sociali efficaci.
Tra queste variabili rientra, ad esempio, l’assenza di modelli positivi. Infatti, siccome impariamo anche osservando e imitando gli altri, quando si è piccoli e i propri genitori o le persone con le quali si trascorre più tempo trovano delle difficoltà nei contesti relazionali, il bambino non avrà modo di osservare e quindi di imparare modalità efficaci di interazione sociale.
Parlando di relazioni e del relazionarsi con gli altri, non si può non fare almeno un accenno alle emozioni.
Le emozioni e le relazioni fanno parte integrante e strutturano la vita di ogni individuo e il non riuscire a esprimerle, non provarle, non viverle significa esserci in maniera incompleta, e questo fa male.
Sentimenti ed emozioni ci accompagnano in tutto il percorso della nostra vita e ognuno le affronta in modo diverso. Sono proprio questi sentimenti e queste emozioni che fanno di noi individui unici e irripetibili. Ma sappiamo bene che quando non abbiamo la possibilità di esprimere le nostre emozioni, esse alla fine ci sopraffanno. Più carichiamo la nostra mente di sentimenti che non manifestiamo, più la carichiamo di pensieri spesso ossessivi, di paure, di sentimenti, di bassa autostima… e questo può ostacolarci anche nello svolgimento delle più semplici attività quotidiane.
Ci sono volte in cui queste emozioni represse vengono fuori all’improvviso, quando meno ce lo aspettiamo, in momenti non consoni alla situazione reale in cui ci troviamo, e tendiamo a scaricarle su persone che non c’entrano . Oppure, altre volte queste stesse emozioni si ritorcono contro noi stessi, infatti si parla spesso degli effetti negativi del trattenere le emozioni in riferimento alla salute. Ed è vero: il non esprimerle in modo adeguato può dar vita a disturbi psichici e fisici, come ad esempio ansia, panico, cefalea, gastrite, ecc. Questi sintomi, in realtà, ci vogliono semplicemente avvisare e dire che qualcosa dentro di noi deve venire fuori, e non trovando altre vie per uscire, si manifestano in questo modo, ovvero, comportando sofferenza psichica e fisica.
Ma si parla poco dei danni che questo atteggiamento fa alla vita di relazione. Molti non riescono quasi a esprimere davanti agli altri le proprie emozioni nel momento in cui le provano, e i motivi sono molti, come ad esempio la paura del giudizio, una forma di pudore, una sorta di  abitudine a "tenere dentro", per timore di essere inopportuno, di non essere compreso… e ciò riguarda sia le emozioni positive che quelle negative.
E sono proprio un netto distacco dalle relazioni sociali e una limitata capacità di espressione delle emozioni nei momenti di interazione solo alcuni degli aspetti più evidenti in quel che viene definito “ disturbo schizoide di personalità “ .
Il disturbo schizoide di personalità (così come definito secondo i criteri diagnostici DSM-IV–TR e, similmente, nell'ICD-10) è un disturbo di personalità del Gruppo A, il cui tratto principale è la mancanza del desiderio di relazioni strette con altre persone, e il distacco emotivo del soggetto rispetto alle persone e alla realtà circostante.  Questo disturbo  è caratterizzato, appunto, dal distacco dalle relazioni sociali e da una ristretta gamma di espressione delle emozioni. Infatti, la difficoltà maggiore che queste persone avvertono è l’ incapacità di rapportarsi agli altri, che deriva, probabilmente, da inadeguate cure parentali ricevute nell’infanzia.
La personalità schizoide manifesta chiusura in sé stessa o senso di lontananza, freddezza. La persona tende all’isolamento, infatti la ricerca della solitudine fa parte integrante della loro vita tanto che cercano per lo più lavori e professioni che richiedono pochi contatti sociali e collaborazioni con gli altri: possono anche raggiungere traguardi importanti e di prestigio perché dimostrano di essere in grado di portare avanti un compito o un lavoro senza l’aiuto o il supporto altrui; oppure ha relazioni comunicative formali o superficiali, non appare interessata a un legame profondo con altre persone, evita il coinvolgimento in relazioni intime con altri individui, con l'eccezione eventuale di parenti di primo grado, che però potrebbero non percepire l'intensità del disturbo schizoide, in quanto il soggetto potrebbe avere con loro relazioni perlopiù normali.
Il soggetto necessita ma, allo stesso tempo, teme i legami affettivi, per cui sceglie il ritiro come forma di difesa e preferisce la sicurezza e la solitudine alla minaccia delle relazioni. Ma tutto questo, nonostante l'apparente freddezza, viene vissuto dalla persona con un disturbo di personalità schizoide, come un enorme disagio. Infatti, bisogna comunque tener presente che la persona con un disturbo di personalità schizoide è infelice perché il disagio lo sente.
Ogni sfera della vita relazionale, affettiva e lavorativa della persona risulta essere interessata da questo disturbo ma il loro modo di concepire i legami interpersonali evidenzia una netta contraddizione: mentre nella realtà evitano e cercano di sottrarsi alle occasioni di interazione, nella fantasia si costruiscono un mondo privato di relazioni, esperienze e sentimenti  profondi con cui compensano l’ assenza e la solitudine che cercano nella vita vera.
                                                              Dott.ssa Antonia Malpede

Laureata in Psicologia e tirocinante presso la Obiettivo Famiglia Onlus

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