Riuscire
ad immedesimarsi completamente con il vissuto emotivo di un’altra persona può
essere un’arma a doppio taglio. Ciò di cui sto parlando si chiama empatia, definita come la
capacità di “mettersi nei panni dell’altro” percependone, in questo modo,
emozioni e pensieri.
E’
un termine che deriva dal greco, en-pathos “sentire dentro”, e consiste nel
riconoscere le emozioni degli altri come se fossero proprie, calandosi mentalmente
nella realtà altrui per comprenderne punti di vista, pensieri,
sentimenti,emozioni.
Sicuramente
l’empatia è una competenza di fondamentale importanza per riuscire ad
instaurare delle buone relazioni, comprendere il vissuto emotivo altrui ci
aiuta ad entrare in contatto con il suo mondo interiore, e ci permette di
essere più comprensivi nei confronti di quest’ultimo.
Tuttavia,la
domanda da porsi è: cosa succede quando l’empatia interferisce con il vissuto
personale?
Io
sarò sicuramente più emotivamente coinvolta nel vissuto di un’altra persona, se
quest’ultima mi colpisce maggiormente da vicino, e ciò può avvenire sia in
termini di esperienze condivise che di paure che tale vissuto riesce a
risvegliare in me. In questo contesto di condivisione, l’aspetto a mio avviso
negativo risiede nell’aspettativa: io da quella persona mi aspetterò
sicuramente un comportamento uguale al mio, ma nella realtà questo non avviene.
Se mi soffermo a riflettere, infatti, arrivo a comprendere che tutto ciò
ostacola, più che favorire, una condivisione emotiva reale; non posso riuscire
a comprendere l’altro se non riesco a staccarmi dalla mia visione personale del
mondo, il tutto può essere molto esemplificativo se penso a come ogni persona
risponda in un modo che è molto diverso dal mio anche quando la situazione che
ci troviamo a fronteggiare è la medesima.
Nella
pratica psicologica comprendere il vissuto emotivo altrui è una porta d’accesso
al suo mondo interiore e permette di avere una migliore chiave di lettura dei
suoi comportamenti e delle sue parole.
Avere
buone capacità empatica è un requisito fondamentale per il lavoro a contatto
con le persone, soprattutto nelle professioni di aiuto, ma non basta. Serve
infatti un buon livello di differenziazione,
termine con il quale si misura la capacità di essere diversi dagli altri pur
mantenendo delle caratteristiche similari (la prima forma di differenziazione
avviene in famiglia). La capacità di individualizzarsi
rende paradossalmente più capaci di entrare in maniera “pulita” nel vissuto
dell’altro e di mantenere rapporti sani ed equilibrati, sia nel privato che nel
lavoro, e di riuscire a risolvere eventuali conflitti.
“Un cuore comprensivo è tutto, è un insegnante, e non può essere mai
abbastanza stimato. Si guarda indietro apprezzando gli insegnanti brillanti, ma
la gratitudine va a coloro che hanno toccato la nostra
sensibilità umana. Il programma di studi è materia prima così
tanto necessaria, ma il calore è l’elemento vitale per la pianta che cresce e
per l’anima del bambino.” Carl Gustav Jung.
Dott.ssa Stefania Spallino
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