Secondo
James Hillman, la paranoia è un disturbo del significato. Ma perché i paranoici
sbagliano a dare il significato ad una parola o ad un gesto?
Uno dei modi per capire facilmente se si ha a che fare con
una persona che soffre di paranoia è come ci fa sentire: i suoi sospetti
e domande riescono a metterci in difficoltà e imbarazzo seppure non abbiamo
fatto nulla contro di lui.
La caratteristica centrale di questa
problematica è infatti la tendenza a vedere negli altri sia aspetti negativi
(in realtà propri ma invece dipinti addosso ad altri) sia potenziali minacce
esterne. Questi due aspetti sono collegati: infatti le caratteristiche non
riconosciute come propie vengono percepite come minacce dall’esterno.
Le persone che soffrono di paranoia vivono ogni relazione, soprattutto quelle con
persone significative, con diffidenza perché temono che gli altri stiano
macchinando alle loro spalle.
Il DSM-5 descrive il disturbo paranoide di personalità come
una problematica che nasce nella prima età adulta ma può vedere gli albori già
nell’adolescenza; chi è affetto da disturbo paranoide di personalità ha una
tendenza pervasiva a essere sospettoso
verso gli altri al
punto che le intenzioni degli altri vengono interpretate come malevoli.
Questo atteggiamento secondo il DSM-5 sarebbe presente in diversi contesti della vita quotidiana. Chi soffre di
paranoia può vivere intensamente questo disturbo sia sul lavoro che negli affetti; ad esempio il paranoico
vede attacchi a sé stesso o il proprio ruolo e alle proprie responsabilità,
anche quando gli altri non li vedono, per esempio nel proprio gruppo di lavoro.
Questo lo rende iper suscettibile alle critiche. Tra i tratti che
caratterizzano un paranoico troviamo ad esempio: sospetti senza fondamento
d’essere ingannato o danneggiato e dubbi ingiustificati sulla lealtà di
collaboratori, amici e colleghi. E’ presente il timore che quello che confida
possa essere usato contro di lui oppure pensa che ci siano significati nascosti cattivi o umilianti in quello che gli viene detto, anche
in naturali osservazioni. Il paranoico sospetta in modo ricorrente rispetto
alla fedeltà del
partner, con controlli e domande.
Tra i criteri diagnostici, il DSM-5 indica anche come sia
presente costantemente rancore,
nel senso che la persona con disturbo paranoide di personalità difficilmente
dimentica insulti o offese.
Chi soffre di disturbo paranoide, proprio per queste
modalità descritte, può far fatica ad andare
d’accordo con gli altri, fino
a raggiungere anche un isolamento affettivo e relazionale. E come in un circolo
vizioso, l’ostilità, più o meno manifesta verso gli altri, certamente non
favorisce l’apertura degli amici e dei familiari verso la persona che soffre di
questo disturbo, andando, agli occhi del paranoico, a confermare le sue
aspettative (gli altri sono cattivi e vorrebbero ledermi). Questo avviene
poiché i ragionamenti e le
riflessioni che la persona fa in questa condizione, confermano, anziché
contraddirla, l’idea di essere perseguitato. Manca il senso di fiducia negli affetti
significativi.
Secondo molti contributi, il disturbo
paranoide troverebbe le sue origini nell’infanzia, in un contesto di
apprendimento in cui sono presenti in maniera massiccia ferite e scherni verso
le capacità mostrate dal bambino. A questo si aggiungerebbero ricorrenti
esperienze in cui il bambino prova vergogna e confusione, determinate da
episodi di umiliazione, pesanti critiche e mortificazioni.
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