mercoledì 25 novembre 2015

ANESTETIZZARE LA NOSTRA EMOTIVITÀ NON SERVIRÀ AD ESSERE FELICI

Nella società contemporanea esprimere le proprie emozioni è sinonimo di debolezza. Ma in realtà la vera forza di una persona sta nel proprio mondo emotivo, nel riuscire ad essere consapevole di se, presente a se stesso in ogni momento della propria vita.
Siamo proprio sicuri che il modo migliore per affrontare la vita e le difficoltà che incontriamo sia quello di avere “sangue freddo” e quindi anestetizzare la nostra emotività?
Spesso sento genitori incoraggiare i figli dicendo “non bisogna aver paura”, mariti dire alle mogli “non devi rimanerci male, sei troppo sensibile”, persone rivolgersi ai loro compagni dicendo “che ti arrabbi a fare?” Come se il miglior consiglio da dare per affrontare qualunque situazione sia “evita di provare emozioni, perché fanno male”. Sentire il dolore provocato da un’emozione nelle persone a noi care amplifica in noi quel dolore, ci fa sentire impotenti, ci sentiamo inutili e quindi vorremmo cancellare la fonte del dolore.
Le emozioni sono quella parte di noi più antica che ci aiuta da millenni a sopravvivere,  percependo il pericolo, ci assistono nell’instaurare relazioni, nel raggiungere i nostri obbiettivi, nel superare le difficoltà. Oggi non riusciamo ad accorgersi del lavoro immenso che la nostra parte emotiva svolge per noi, siamo tutti più predisposti a vedere i risultati piuttosto che il come ci siamo sentiti durante il percorso verso il loro raggiungimento. Eppure quello che fa la differenza tra una persona felice e una no, non è quanto oro ha accumulato, quanto in alto sia arrivata, piuttosto, quanto è stato presente a se stesso nel processo che gli ha permesso di raggiungere la sua meta e, quindi, quanto in ogni suo passo sia stato in contatto con le sue emozioni, ma anche quanto sia riuscito a condividere con persone per lui significative il proprio mondo emotivo, quanto si sia sentito accolto nel raccontare la sua rabbia, tristezza, delusione, gioia, speranza, paura

Il modo migliore per avvicinarci al mondo emotivo dell’altro è provare a sentire ciò che ci dice con il nostro orecchio emotivo. Solo così possiamo incoraggiare un bambino spaventato o ansioso per il primo giorno di scuola: “cosa ti spaventa? Sai che anche io da piccola avevo paura di…” questo modo di parlare di emozioni permette di sentirsi rassicurati e di poter affrontare le paure
Solo così possiamo consolare la moglie rattristata dopo un litigio con una persona importante, perché la sensibilità è un dono per noi e per gli altri, che ci aiuta a “sentire” e quindi a poterci difendere, a poter superare un’empasse. Solo con il nostro orecchio emotivo possiamo entrare in empatia con la rabbia di un uomo che sente di aver fallito, che si è sentito ingiustamente sconfitto…
Una volta un ginecologo, mentre la paziente aveva iniziato il travaglio in sala parto, cercava di rassicurare la madre della donna, preoccupata per la sofferenza della figlia e le disse “signora questa non è sofferenza. Il dolore che prova ora sua figlia la aiuterà a dar vita a suo nipote. È un dolore necessario che indicherà al corpo il modo migliore per partorire, lei può solo starle vicino e incoraggiarla, ascoltando le sue urla. L’alternativa qual è: l’anestetizziamo?


Così è per le emozioni: se noi sappiamo ascoltarle, ci indicheranno il modo migliore di affrontare la vita, anche gli eventi più difficili. Se noi invece ci anestetizziamo, rischiamo di non sapere più quali sono le scelte migliori per noi, e avremmo bisogno di qualcuno che operi su di noi, e che ci aiuti a dar vita al nostro futuro.

FONTE:http://www.psicologi-italia.it/psicologia/psicologia-del-benessere/1726/emozioni.html

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