Nella società contemporanea esprimere le proprie
emozioni è sinonimo di debolezza. Ma in realtà la vera forza di una persona sta
nel proprio mondo emotivo, nel riuscire ad essere consapevole di se, presente a
se stesso in ogni momento della propria vita.
Siamo proprio sicuri che il modo migliore per
affrontare la vita e le difficoltà che incontriamo sia quello di avere “sangue
freddo” e quindi anestetizzare la nostra emotività?
Spesso sento genitori incoraggiare i figli dicendo “non
bisogna aver paura”, mariti dire alle mogli “non devi rimanerci male,
sei troppo sensibile”, persone rivolgersi ai loro compagni dicendo “che
ti arrabbi a fare?” Come se il miglior consiglio da dare per affrontare
qualunque situazione sia “evita di provare emozioni, perché fanno male”.
Sentire il dolore provocato da un’emozione nelle persone a noi care amplifica
in noi quel dolore, ci fa sentire impotenti, ci sentiamo inutili e quindi
vorremmo cancellare la fonte del dolore.
Le emozioni sono quella parte di noi più antica che ci
aiuta da millenni a sopravvivere, percependo il pericolo, ci
assistono nell’instaurare relazioni, nel raggiungere i nostri obbiettivi,
nel superare le difficoltà. Oggi non riusciamo ad accorgersi del lavoro immenso
che la nostra parte emotiva svolge per noi, siamo tutti più predisposti a
vedere i risultati piuttosto che il come ci siamo sentiti durante il percorso
verso il loro raggiungimento. Eppure quello che fa la differenza tra
una persona felice e una no, non è quanto oro ha accumulato, quanto in alto
sia arrivata, piuttosto, quanto è stato presente a se stesso nel processo che
gli ha permesso di raggiungere la sua meta e, quindi, quanto in ogni suo passo
sia stato in contatto con le sue emozioni, ma anche quanto sia riuscito a
condividere con persone per lui significative il proprio mondo emotivo, quanto
si sia sentito accolto nel raccontare la sua rabbia, tristezza, delusione,
gioia, speranza, paura
Il modo migliore per avvicinarci al mondo emotivo
dell’altro è provare a sentire ciò che ci dice con il nostro orecchio
emotivo. Solo così possiamo incoraggiare un bambino spaventato o ansioso
per il primo giorno di scuola: “cosa ti spaventa? Sai che anche io da
piccola avevo paura di…” questo modo di parlare di emozioni permette di
sentirsi rassicurati e di poter affrontare le paure
Solo così possiamo consolare la moglie rattristata
dopo un litigio con una persona importante, perché la sensibilità è un dono per
noi e per gli altri, che ci aiuta a “sentire” e quindi a poterci difendere, a
poter superare un’empasse. Solo con il nostro orecchio emotivo possiamo entrare
in empatia con la rabbia di un uomo che sente di aver fallito, che si è sentito
ingiustamente sconfitto…
Una volta un ginecologo, mentre la paziente aveva
iniziato il travaglio in sala parto, cercava di rassicurare la madre della
donna, preoccupata per la sofferenza della figlia e le disse “signora questa
non è sofferenza. Il dolore che prova ora sua figlia la aiuterà a dar vita a
suo nipote. È un dolore necessario che indicherà al corpo il modo migliore per
partorire, lei può solo starle vicino e incoraggiarla, ascoltando le sue urla.
L’alternativa qual è: l’anestetizziamo?”
Così è per le emozioni: se noi sappiamo ascoltarle, ci
indicheranno il modo migliore di affrontare la vita, anche gli eventi più
difficili. Se noi invece ci anestetizziamo, rischiamo di non sapere più quali
sono le scelte migliori per noi, e avremmo bisogno di qualcuno che operi su di
noi, e che ci aiuti a dar vita al nostro futuro.
FONTE:http://www.psicologi-italia.it/psicologia/psicologia-del-benessere/1726/emozioni.html
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