Perdere il lavoro : un fenomeno sconcertante ed oggigiorno
non così raro.
Quando si parla di disoccupazione il primo pensiero è
rivolto alla mancanza di denaro, e quindi di una fonte sicura di sostentamento
che consenta di vivere. Ma pur essendo questo elemento certamente importante,
la disoccupazione è molto di più …
Essere disoccupati
non significa solo non avere una fonte di reddito, ma perdere anche il proprio
ruolo di lavoratore nella società.
Questo può avere delle conseguenze molto importanti sulla
persona, e a volte molto più gravi rispetto alla mancanza di denaro.
L’individuo struttura una propria identità, un proprio
senso di sé basato sul proprio lavoro e sul ruolo che ricopre all’interno della
società. Tutto ciò consente di avere una propria integrazione e sentirsi parte
del tessuto sociale.
La perdita del lavoro incide in modo importante su due
aspetti: il ruolo sociale e l’autostima.
Una condizione che
accomuna molti di coloro che perdono il lavoro è una perdita dell’autostima. E ciò è del tutto indipendente dal ruolo precedentemente
ricoperto, può accadere all’imprenditore, all’operaio, al commerciante e via
dicendo.
Tale vissuto sarà tanto più forte quanto era intensa
l’identificazione, l’attaccamento, la componente identitaria, rispetto al
lavoro e quindi al ruolo perso.
Sono molti i ruoli che ci troviamo a ricoprire ogni
giorno: genitore, lavoratore, coniuge, figlio, amico, membro di una comunità.
Tali aspetti dovrebbero essere in equilibrio. Quando
l’investimento dedicato al lavoro è molto importante la sua perdita comporterà
un malessere molto forte.
Di fronte alla perdita del lavoro le prime reazioni sono
l’incredulità, la confusione. E se c’è qualcuno che di fronte a questa
situazione trova pian piano in sé le risorse e riesce a reinventarsi, per altri
è difficilissimo. Tanto da arrivare a scelte estreme come il suicidio.
L’impatto che questo evento avrà sulla persona e sulla
percezione che ha di sé, dipenderà anche dalle differenze culturali,
istituzionali e dal funzionamento del sistema sociale.
Indagini dimostrano che
in paesi in cui sono previsti sussidi per coloro che perdono il lavoro, questi
soffrono comunque per la perdita del proprio ruolo , ma c’è un malessere
maggiore quando manca un sostegno materiale, che rende paralizzanti le
preoccupazioni quotidiane.
La società americana ad esempio, ha una tendenza più
colpevolizzante nei confronti dell’individuo che non riesce a trovare un nuovo
lavoro. Quindi in questo caso una persona senza lavoro è una persona senza
ruolo, che si deve ricostruire, e se non riesce a trovare un nuovo lavoro è
perché probabilmente non fa le cose giuste. Il licenziamento colpisce
solitamente molto più gli uomini che le donne. Questo perché a volte porta ad
un inversione dei ruoli, la moglie lavora e l’uomo sta a casa.
In questo caso l’uomo non perde solo il proprio ruolo, ma
ad andare in crisi è la propria identità di genere. Da questo punto di vista
l’influenza culturale è sempre stata molto forte, l’uomo è colui che deve
portare i soldi a casa e pensare al sostentamento della famiglia, la donna è
colei che se ne occupa. Portare i soldi a casa è un elemento fondamentale
dell’identità maschile. La disoccupazione nella realtà è un dramma per tutti,
sia per ciò che concerne l’aspetto economico che psicologico. Le donne sembrano
apparentemente essere più protette dalla depressione e dalla perdita
dell’autostima, ma questo non cambia la realtà e non vale per tutte. Se stare a casa non è
una scelta volontaria, sia per una donna che per un uomo significa perdere e
svilire una parte di sé.
Nonostante le molte difficoltà è possibile trovare in sé
le giuste risorse per affrontare tale dolore. E la disoccupazione può essere
un’occasione per reinventarsi in modo da recuperare il proprio ruolo e una
propria soddisfacente integrazione sociale.
FONTE:https://www.psicologionline.net/articoli-psicologia/articoli-psicologia-dintorni/633-disoccupazione-crisi-identita
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