La sindrome di Samo è il termine con
cui alcuni studiosi italiani denominano un disturbo che coinvolge l’area
dell’affettività, della sessualità e della relazionalità dell’individuo che ne
è colpito.
L’affezione si presenta come un attaccamento ad un partner malato e una
predilezione per i rapporti sessuali con soggetti portatori di malattie
contagiose o, solitamente, affetti da patologie sessualmente trasmissibili, senza alcuna preoccupazione per le pratiche di protezione
dal rischio di contagio. Recentemente, alcuni programmi televisivi hanno messo
di nuovo luce su questa patologia, intervistando persone che volontariamente
cercano persone affette da patologie sessualmente trasmissibili, per lo più da
HIV, cercando con esse rapporti sessuali, nella speranza di contagiarsi.
L’aspetto che più colpisce, e che può a tratti sembrare assurdo, è che molti di
essi non conoscono fino in fondo le conseguenze a cui il contagio da HIV può
portare, hanno invece sommarie nozioni che li portano a concludere,
erroneamente, che il virus da HIV sia qualcosa che si può tenere sotto
controllo assumendo alcune pastiglie in maniera costante.
Probabilmente le innumerevoli morti, le
campagne di prevenzione, i costi sanitari, non sono di interesse per le persone
che cercano il contagio. Il loro interesse principale, a quanto dicono, è
relativo alla ricerca di rapporti sessuali non protetti, senza più avere “il
pensiero” di indossare il preservativo o di adottare altre forme precauzionali
durante i rapporti sessuali occasionali e non.
La cosa che più spaventa è che questi
individui, una volta contagiati, sono potenzialmente pericolosi per gli altri,
oltre che per sé stessi. La sindrome di Samo
può essere associabile alla patofilia o nosofilia (amore per la
sofferenza, malattia). In una
prospettiva psicodinamica, secondo alcuni autori, si può ipotizzare infatti
che, alla base del rapporto con la persona portatrice dell’affezione
contagiosa, possa esserci un forte legame affettivo e, nel caso dell’aids e
delle malattie sessualmente
trasmissibili, si può osservare che il virus viene percepito, paradossalmente, come un alleato in questa ricerca di un
rapporto simbiotico con la persona affetta; l’infezione, quindi,
diventerebbe, inconsciamente, un
elemento di legame per la coppia. Il preservativo, di conseguenza, simboleggia
un elemento intrusivo nel rapporto e il desiderio di proteggersi
rappresenterebbe una forma di tradimento all’intimo legame (Brancatella R.,
Curatolo A., Di Lernia T., Costi G.,(1997)).
Va anche considerato che essere
contagiati volontariamente, in questo caso, significa anche controllare
l’angoscia di esserlo per sbaglio.
Di recente sono nati siti e chat dove
la maggior parte degli utenti si iscrive con l’obiettivo di incontrare partner
sieropositivi.
Gettare
luce su questo fenomeno, favorire programmi di educazione sessuale e sui rischi
legati alle patologie sessualmente trasmissibili, deve essere un compito
primario per le istituzioni e per gli operatori del settore.
FONTE:http://www.newspsicologia.com/2015/01/16/la-sindrome-di-samo-e-il-virus-hiv/
Nessun commento:
Posta un commento