martedì 10 novembre 2015

DIPENDENZA AFFETTIVA: una nuova forma di addiction?


Generalmente quando si parla di dipendenze, ancora oggi, si pensa quasi ed esclusivamente alle tossicodipendenze o alla dipendenza da alcol.
Eppure, negli ultimi anni, lo spettro delle dipendenze si è ampliato a dismisura tanto da affiancare alle dipendenze più conosciute il termine new addictions per indicare le nuove dipendenze comportamentali che costituiscono un insieme eterogeneo di disturbi, che condividono con le dipendenze comuni la progressiva perdita di controllo sul comportamento di dipendenza e la compromissione della vita dell’individuo a vari livelli.
Nelle dipendenze senza droghe risulta evidente un’eziologia di tipo multifattoriale che comprende aspetti culturali, sociali, economici, fattori relativi alla dimensione neurobiologica, psicologica e psicopatologica.
Il termine addiction appare di grande valenza psicologica e psicopatologica molto più dei termini dipendenza e tossicodipendenza. Il termine addiction deriva dal latino, nello specifico dal diritto romano, addictus  che sta ad indicare un soggetto schiavo per debito in quanto incapace di saldarlo. Questo termine evoca immediatamente la condizione del prigioniero: la reiterazione dei comportamenti additivi, infatti, implica un debito progressivamente crescente che determina la perdita della libertà e della capacità di autodeterminarsi.
L’etimologia ci aiuta a comprendere che la vera trama profonda delle varie forme di dipendenza riguarda il rapporto tra libertà e responsabilità, fra onnipotenza e limite; rivendicando il senso onnipotente della propria libertà il soggetto dipendente perde progressivamente la possibilità di orientare i propri comportamenti.
È proprio all’interno delle “nuove dipendenze” che si inserisce la dipendenza affettiva o relazionale; sembra impossibile ai più che una relazione, un partner possa diventare come una droga; sembra impossibile parlare di love addiction, quasi fosse un ossimoro, eppure oggi ciò accade e più frequentemente di quanto non si pensi.
Il tema della dipendenza affettiva o relazionale è quanto mai attuale per motivi sia psicopatologici che culturali, poiché l’instabilità o la precarietà delle istituzioni relazionali tradizionali (coppia, famiglia) tende a selezionare stili di attaccamento ambivalenti o conflittuali e a favorire la formazione di legami affettivi incostanti o deboli.
Inoltre, a differenza delle dipendenze da sostanze, questa riguarda direttamente la relazione interpersonale; da ciò ne deriva, a livello intrapsichico dei partner di coppie disfunzionali, una labilità dell’oggetto d’amore che entra in risonanza con fattori della personalità e con elementi di vulnerabilità spesso dovuti a traumi pregressi. Analizzando la personalità dei partner si scopre un’unione quasi perfetta tra loro, fondata su tutto ciò che di più lontano può esserci dall’amore: dolore, aggressività, sopruso, violenza, manipolazione, eppure sono relazioni capaci di resistere nel tempo prima della loro inevitabile conclusione.
Chi sceglie di stare con una persona dipendente d’affetto, ha spesso anche lui il bisogno di essere accudito e di avere una relazione di tipo figlio-madre anziché alla pari, per dinamiche e problematiche familiari irrisolte. Oppure, al contrario, può trovarsi ad esercitare un ruolo di persona sfuggente, irraggiungibile o rifiutante (per esempio quando il dipendente d’affetto cerca un partner sposato o non interessato alla relazione), per sentirsi così al centro dell’attenzione e compensare anche lui dei vuoti affettivi mai colmati.
Da qui la sofferenza e la degradazione: più si cercherà di essere rassicurati da lui e più lui tenderà a fuggire, e lei, per evitarlo, si adatterà a fare da infermiera, da serva, madre, sorella, confidente e aiutante; chi ama troppo tende a cambiare la persona amata per renderla simile a come vorrebbe lei fosse e per questo asseconderà il partner nel suo egoismo.
La dipendenza affettiva sembra essere quasi una patologia esclusivamente femminile (c.ca il 99%): la maggior parte di queste donne ripropongono con il proprio partner copioni già vissuti con i genitori o un genitore in particolare di cui hanno ricercato sempre l’affetto con scarsi risultati. Ciò che scatta nella mente di queste donne è la possibilità di ottenere una sorta di risarcimento riuscendo a conquistare l’amore di un partner "difficile" come lo era il genitore.
Permane una tendenza a ri - attribuirsi nella propria vita di coppia, più o meno inconsapevolmente, un ruolo simile a quello vissuto con i genitori che si è tentato a lungo di cambiare affettivamente, in modo da poter riprovare a ottenere un cambiamento nelle risposte affettive, pressoché inesistenti, ricevute nella propria vita.
Eppure queste donne sembrano, così come i partner a cui si accompagnano, incapaci di vivere un amore maturo, al contrario sembrano essere attratte dall’amore romantico (S. Mitchell), ovvero un modo di mettersi in relazione con un’altra persona così da generare emozioni, stimolare il gioco dell’immaginazione e nutrire il rispetto per certi ideali, un amore ricercato per dare un significato alla propria vita, ma destinato a svanire subito perché privo di quelle caratteristiche che invece rendono un amore maturo.
Nella dipendenza affettiva, ci si annulla completamente per l’altro la cui esistenza, presenza e vicinanza diventa sostanziale al proprio benessere, alla percezione di essere vivi e utili.
L’amore dipendente si mostra perciò con le seguenti caratteristiche:
  • è ossessivo e tende a lasciare sempre minori spazi personali;
  • è parassitario e basato su continue richieste di assoluta devozione e di rinuncia da parte dell’amato;
  • è caratterizzato dalla stagnazione e dall’autoassorbimento, ossia da una tendenza a ripiegarsi su se stesso e a chiudersi alle esperienze esterne per paura del cambiamento e necessita di mantenere fermi alcuni punti certi, soffocando qualsiasi desiderio o interesse personale in nome di un amore che occupa il primo posto nella propria vita

Il Noi non comincia dove finisce l’Io, ma dove avviene l’incontro tra un Io e un Tu, un incontro che però non è fusione altrimenti il Noi diventa un’entità informe in cui ci si confonde.

Detto ciò non rimane che chiedersi: è possibile guarire?

Il principale problema nella risoluzione delle dipendenze affettive è certamente l’ammissione di avere un problema.
Esiste una forza inerziale nel rimanere nella dipendenza, ma c’è una forza inerziale anche nel renderla obbligatoria.
Sono giochi vecchi che si rompono quasi da soli, basta liberarsi e si va, senza che nessuno ci insegua. Esistono infatti dei confini estremamente sottili tra ciò che in una coppia è normale e ciò che, nell’abitudine cronica, diviene dipendenza. La difficoltà nell’individuazione del problema risiede anche nei modelli di amore che, come si è detto, una persona affettivamente dipendente conserva nella propria memoria e che fanno ritenere determinati abusi e sacrifici di sé come "normali" in nome dell’amore.
Spesso, paradossalmente, è la speranza che fa sopravvivere il problema e che tende a cronicizzarlo: la speranza in un cambiamento impossibile, soprattutto in un contesto relazionale in cui si sono consolidati, se non persino pietrificati, dei ruoli e dei copioni da cui è, più o meno, impossibile uscire.
È sempre molto difficile venirne fuori perché resta la nostalgia lacerante di qualcosa che si doveva avere e che non si è avuto, desiderando inconsciamente un risarcimento affettivo per quanto non è stato possibile. Separarsi da un’esperienza positiva è più facile e naturale che separarsi da un desiderio legittimo ed inappagato.
Così, paradossalmente, l’inizio del cambiamento arriva quando si raggiunge il fondo e si sperimenta la disperazione, che rappresenta la possibilità di sotterrare le illusioni che hanno nutrito a lungo il rapporto patologico, quando si ha la percezione del vuoto, della perdita di identità, della rabbia e dalla frustrazione di non vedere ricambiata la dedizione e il proprio amore.
Durante questi dolorosi momenti ci si convince che qualcosa non va, trovando la spinta necessaria ad uscire dal circolo vizioso della dipendenza affettiva.
La guarigione dalla dipendenza affettiva non è il distacco dalla persona o dalle persone da cui si era dipendenti, bensì l’acquisizione di una  propria autonomia affettiva.
Questo è ciò che permette di entrare consapevolmente e realmente in relazione con gli altri, perché li vogliamo, perché li scegliamo, non perché abbiamo bisogno di loro per esistere.


Fonte: https://www.psicologionline.net/articoli-psicologia/articoli-sesso-amore/801-la-dipendenza-affetti

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