Si
vedono in giro moltissime coppie che a vederle pare che siano “la coppia più bella del mondo”: sono quelle coppie che si riempiono di effusioni plateali, che
sentono la necessità di mostrare al mondo il loro amore, che vogliono fare
sempre tutto insieme e vogliono stare insieme più tempo possibile; hanno gli stessi interessi, le stesse opinioni, gli stessi
valori, quasi mai si scontrano perché è inimmaginabile
pensarla in modo differente, non possono nemmeno pensare di poter vivere senza
l’altro.
E
molti di voi diranno “e che male c’è, vuol dire che si amano”. In realtà è vero
solo in parte.
La
coppia nella fase dell’innamoramento (che è ben diversa dall’amore) attraversa
un momento fusionale-simbiotico in cui i due membri si sentono totalmente
compenetrati l’uno nell’altro, hanno voglia di stare tanto tempo insieme,
vogliono fare tutto insieme, si immaginano scenari idilliaci nel prossimo
futuro, vedono tutto romantico e rosa, si perdono in sogni, coccole, effusioni,
passione. Non è assolutamente detto che tutte le coppie attraversino questa
fase e che soprattutto la vivano con tale livello di fusionalità: questo
dipende dalle caratteristiche delle due persone, dalla situazione,
dall’influenza di passate relazioni ecc. quello che qui ci preme sottolineare è
l’aspetto problematico che è insito nella fissazione che alcune coppie hanno
sulla simbiosi.
La
normale evoluzione della coppia sana, infatti, è verso un rapporto maturo in
cui alla fusionalità si sia
sostituito il riconoscimento delle due individualità come membri di un tutto che è
più della somma delle parti ma in cui le due parti al tempo stesso rimangono
salde in se stesse e non si perdono nella coppia attaccandosi ad essa come al
salvagente di tutti i mali. Esiste il riconoscimento di sé come persona che può
dare qualcosa all’altro e può da esso ricevere, in un mutuo scambio di esperienze
ed emozioni che si basa sulla costruzione di un progetto futuro non solo
sognato ma reso ogni giorno concreto da gesti reali e simbolici tipici della
coppia matura, quella in cui si è passati dall’innamoramento all’amore.
Si
vede qui bene la differenza che esiste tra “amore”, cioè un rapporto pari nel
dare e nel ricevere, proprio di due partner adulti e maturi. All’interno di
questo rapporto si preserva l’integrità personale di ogni partner, non si
annulla un partner a beneficio dell’altro, ma si consente a ciascuno dei due di
sentirsi realizzato nelle sue potenzialità e rispettato nelle sue esigenze, e
la “simbiosi”, un rapporto di coppia di totale dipendenza reciproca, come il
rapporto iniziale madre-figlio. Qui non è rispettata l’integrità e l’individualità
di ogni partner, bensì vi è una continua tensione a rendere prigioniero
l’altro, a togliergli la libertà, a mettere l’altro in una condizione di totale
dipendenza. L’uomo o la donna, in seguito alla perdita del rapporto affettivo
simbiotico che avevano nella prima infanzia con le figure parentali, cercano
successivamente di riprodurre tale rapporto affettivo con figure genitoriali
sostitutive; ne risultano unioni simbiotiche, rapporti
di coppia basati su bisogni affettivi infantili dove non c’è libertà ma al contrario bisogno di possesso.
Al
momento in cui la coppia resta fissata nella fusionalità non c’è più evoluzione bensì esaurimento: si tratta di una coppia di fatto statica che non riesce a costruire nulla perché le due individualità sono totalmente perse l’una nell’altra
e ci si incista in modalità non costruttive di rapporto: campeggia la gelosia
possessiva, la volontà di pilotare la vita dell’altro e di renderlo quel che
vogliamo, dal momento che viviamo l’altro non come “altro da noi da amare” ma
come nostra appendice da preservare a tutti i costi. Sono coppie svuotate in sé
stesse che spesso sono le stesse che per questo motivo devono darsi consistenza
sbandierando all’esterno il loro amore, ad esempio riempiendo le loro bacheche
dei social network di cuoricini, effusioni e manifestazioni affettive che non
vengono “interiorizzate” e quindi vissute nella relazione ma bensì “buttate
fuori” per avere quasi una conferma esterna del fatto di esistere come coppia.
Gli spazi individuali si annullano via via che il tempo procede, nel loro
spazio difficilmente entra linfa nuova, aria fresca, sempre e solo IO e TE, al
punto che anche il desiderio decresce, perché non posso avere desiderio per
qualcosa che già fa così fusionalmente parte di me.
Queste
coppie vivono difficoltà notevoli nel ritagliarsi “spazi per se stessi”: quegli
spazi necessari al proprio equilibrio psico-fisico e di cui la coppia
simbiotica non trova mai il tempo, proiettata com’è nel vivere in funzione
dell’altro, al punto da mettere tra parentesi i propri bisogni, interessi e
passioni a favore della fusionalità di coppia. Una
modalità notevolmente errata che porta a perdersi nell’altro, a perdere la
propria identità: cosa si può dare di buono all’altro se ci
perdiamo in esso? È fondamentale avere degli spazi solo e soltanto nostri anche
nella coppia, ad esempio qualche hobby o passione non necessariamente condiviso
con il partner, ad esempio uno sport, un’attività fisica, un qualcosa che porti
a “staccare la spina” quando serve ricercare la propria dimensione che sia
scissa da quella del partner. I membri di queste coppie sono infatti quelli che
faticano e soffrono maggiormente in caso di rottura della relazione, perché
faticano notevolmente a riorganizzare la loro vita attorno a nuclei di interessi
e amicizie che non avevano più curato.
Questa
necessità, che è comunque, seppur inconsciamente avvertita anche dalle persone
che tendono alla fusionalità, porta spesso in esse dei conflitti: da un lato la
voglia di crearsi degli spazi propri, dall’altro lato però c’è la voglia e la
necessità di condividere, che è la base di ogni legame di coppia:
condividere tempo, impegni, progetti, eventi, emozioni, vita domestica. Molti,
nel non saper riuscire a gestire il conflitto, finiscono o per rimanere prigionieri
della relazione, o per scindersi in due parti, completamente diverse in base
alla situazione in cui si trovano (ad esempio in un modo col partner o in un
altro con gli amici).
In
realtà il modo per stare bene insieme c’è. Servono tre elementi:
§ la conoscenza di noi stessi, che ci tiene centrati su ciò di cui abbiamo davvero bisogno;
§ la lealtà, che ci induce a non indossare
maschere col partner;
§ e la fermezza, che non ci faccia ripiegare
nel tempo abbandonando quella dimensione personale che ci fa tanto bene.
È
a tal proposito illuminante un aforisma di Kahil Gibran che dice: “ergetevi insieme, ma non troppo vicini: poichè il tempio
ha colonne distanti, e la quercia e il cipresso non crescono l’una all’ombra
dell’altro”. In queste parole vi è la
base dell’attrazione: insieme nella costruzione, nel portare avanti la stessa
visione di vita, nel supporto e nel sostegno, e distanti, individui autonomi,
che mantengono la propria individualità, che hanno spazi differenziati, che
possano ancora incontrarsi proprio perché sono distanti.
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