martedì 16 febbraio 2016

Prendersi cura dell’in-Fertilità : la psicoterapia, strumento per un’esistenza fertile

In Italia così come nel mondo sono sempre di più le coppie che si trovano ad affrontare il problema dell’in-Fertilità. Molte di queste si rivolgono alla medicina della riproduzione che, grazie alla ricerca, negli anni ha trovato sempre più soluzioni e ha migliorato le tecniche di fecondazione assistita raggiungendo percentuali di successo intorno al 30% per ogni tentativo.
Tuttavia, le difficoltà di concepimento non appartengono alla sola sfera della medicina che, seppur aiutando di molto a risolvere alcuni problemi, resta sorpresa e senza parole nei casi in cui, anche quando tutti gli elementi farebbero pensare alla possibilità di un inizio di gravidanza (qualità ovocitaria, degli spermatozoi, dell’embrione e dell’endometrio), in realtà poi il “tentativo di fecondazione assistita” non va a buon fine.
È chiaro che sono molteplici le varianti che entrano in gioco e tra questi è ormai risaputo che gli aspetti psicologici ed emotivi, la qualità della relazione di coppia, il contesto e l’atteggiamento influiscono sia sul modo di affrontare il percorso, sia per la riuscita.
D’altra parte l’infertilità, come il concepimento, rappresenta senza dubbio il prodotto dell’interazione tra molteplici fattori bio-psicologici la cui individuazione aumenta ogni anno con il progressivo ampliamento delle conoscenze nell’ambito neuro endocrino e fisiopatologico, come pure dei meccanismi psicosomatici che intervengono nel permettere o meno il concepimento (Edelmann, Connolly, 1986).
Quello che ci si chiede in questo breve articolo è se in qualche modo degli interventi di psicoterapia possano influire positivamente sulla propria fertilità e sul concepimento sia esso spontaneo che successivo ad un percorso di fecondazione assistita.
Dalla mia esperienza nel lavoro con donne che affrontano il tema dell’in-Fertilità, prendersi cura del proprio mondo emotivo risulta essere importante perchè, aldilà del risultato finale, le aiuta ad affrontare meglio il percorso, sia questo naturale che assistito: nelle donne che accompagno in percorsi di psicoterapia sto assistendo infatti a maggiori inizi di gravidanza sia spontanee che successive ad un percorso di fecondazione assistita.
Ovviamente questa affermazione non vuole in alcun modo dire che la psicoterapia risolve in modo definitivo i problemi di infertilità ma, in linea con altre esperienze, vuole porre l’attenzione su aspetti che da qualche parte possono aiutare a sciogliere nodi e blocchi che ostacolano un cammino più fluido con la propria fertilità intesa in senso più ampio come esistenza fertile.
L’idea che mi sto facendo (in continua costruzione), è l’importanza di un lavoro che porti ad esplicitare ed esprimere vissuti impliciti e disturbanti, in conflitto con vissuti invece già espliciti e legati all’immaginario dell’essere figlia prima, donna e mamma dopo, della gravidanza, del parto.
Rendere esplicito l’implicito, aiuta la persona ad integrare ciò che già accetta di se stessa e ciò che ancora non accetta perché sconosciuto e giudicato inaccettabile. Tutto questo è legato ad emozioni quali rabbia, paura, angoscia. L’integrazione di parti di sé che inizialmente sono contrapposte spesso porta serenità e lascia intravedere nuove strade da percorrere.
Si lavora con i desideri che ruotano attorno al desiderio di maternità e che sembrano non avere niente a che fare con il concepimento ma che in realtà influiscono sul benessere delle persone e a volte anche sulla loro fecondità. Si passa dal senso di colpa alla responsabilità e cioè abilità a rispondere in modo più funzionale agli eventi che ci capitano nella vita. È un lavoro di co-costruzione di vuoti fertili tra terapeuta e persona che chiede aiuto. Si toglie più che aggiungere e si creano spazi per una vita fertile. Partendo da una difficoltà nel generare, si sviluppano risorse accorgendosi di quanto “altro” si può fare con la propria storia in continua trasformazione. È così che una nuova forza generatrice si risveglia portando la persona a sperimentare altro da quello che si è creduto essere fino a quel momento.
In conclusione la terapia può essere utile prima, durante e dopo la conclusione di trattamenti volti alla fecondità (Donegan, 1994), in quanto cerca di sviluppare la capacità di far emergere, anche sul piano fisico, le proprie potenzialità generative. Queste sono per lo più semplificate nel desiderio di avere un figlio: tocca alla psicoterapia ampliare e complessificare tali caratteristiche cosicché la si possa in ogni caso, con o senza il figlio, affrontare anche il desiderio conflittuale, ma prettamente umano, di scansare la filiazione (Chasseguet-Smirgel,1996) “generando” una nuova situazione di amore maturo.

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